giovedì,10 Luglio 2025

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IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANTA SOFIA IN BENEVENTO

Il complesso monumentale di Santa Sofia, a Benevento, è uno degli altri beni iscritti dal 2011 nella lista UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità. In particolare è stato inserito nel sito seriale “I Longobardi in Italia: i luoghi del potere”. Consta della chiesa, di un campanile, dell’ex monastero e di una fontana al centro della piazza. La chiesa di Santa Sofia risale all’VIII secolo e fu costruita all’incirca nel 760 da Arechi II, duca longobardo di Benevento. Fu dedicata alla santa della sapienza, forse ispirandosi a quella di Costantinopoli. Questa, ancora più antica, e principale luogo di culto dell’Impero bizantino, era stata inaugurata dall’imperatore Giustiniano I nel 527.

All’edificio di culto fu annesso anche un monastero femminile benedettino, di cui sopravvive in parte un magnifico chiostro, ricostruito in periodo romanico (metà del XII secolo) con il reimpiego di alcuni elementi longobardi. A dirigere il monastero, la badessa Gariperga, sorella di Arechi. Quest’ultimo era divenuto duca di Benevento nel 758 per volere di Desiderio, re dei Longobardi, che si era mosso dalla capitale Pavia contro i duchi di Spoleto e Benevento. Conquistata quest’ultima, vi pose a capo il genero Arechi che, infatti, aveva sposato sua figlia Adelperga.

La chiesa subì modifiche già in periodo medievale, quando all’ingresso vi fu aggiunto un piccolo portico a quattro colonne, con un bassorilievo che adesso è situato sulla lunetta che sovrasta l’ingresso. Sempre in quel periodo fu aggiunto un campanile, su iniziativa di Gregorio II, abate di Santa Sofia. Il campanile poi crollò a causa del terremoto del 1688 e fu ricostruito agli inizi del Settecento, a pianta quadrata, distante dalla chiesa ed in posizione diversa da quella originale.

Anche la chiesa, ovviamente, subì dei danni con quel sisma e anche con quello del 1702, e fu ricostruita subendo delle modifiche. Ad occuparsene fu direttamente l’arcivescovo di Benevento, il cardinale Vincenzo Maria Orsini, divenuto poi papa con il nome di Benedetto XIII.

Con una facciata piuttosto semplice, di dimensioni abbastanza piccole, la chiesa ha tuttavia conservato un’architettura molto interessante. Ha un singolare impianto a stella che converge dall’ingresso verso le tre absidi opposte, che è un raro esempio di architettura prettamente longobarda. Presenta due ambulacri concentrici, dei quali il più interno ha una forma esagonale con sei colonne collegate da archi che sorreggono la cupola, mentre quello esterno è di forma decagonale con otto pilastri quadrangolari e due colonne ai fianchi dell’entrata. Le colonne dell’esagono presentano dei capitelli di età classica, sulla parte superiore, mentre in quella inferiore, dei capitelli antichi rovesciati. Inizialmente la chiesa doveva essere completamente affrescata, mentre adesso presenta solo dei frammenti nelle due absidi laterali, comunque molto belli e interessanti. In quella verso nord è raffigurato l’Annuncio a Zaccaria, padre di San Giovanni Battista, mentre in quella a sud sono raffigurati gli episodi dell’Annunciazione e della Visitazione. Altri lavori furono fatti dopo la seconda guerra mondiale, che in parte eliminarono le modifiche apportate durante il periodo barocco e riportarono alla luce lo schema murario longobardo.

Il chiostro, poi, è davvero una meraviglia. Ricostruito nel XII secolo, grazie all’abate Giovanni IV, offre al visitatore un notevole e suggestivo repertorio di immagini. E’ a pianta quadrata, con influssi arabi, e presenta una trifora e quindici quadrifore. Le colonne, tutte rigorosamente diverse l’una dall’altra, sono state ricavate da materiali differenti, risultando essere in marmo, alabastro o granito. Hanno dei capitelli diversi e presentano anche un elemento architettonico posizionato tra la colonna ed il capitello, chiamato pulvino, che risulta anch’esso essere mai uguale ad un altro. Vi sono raffigurate immagini reali e allegoriche, con figure mostruose, lavori agresti e simboli cristologici. Molto interessanti i pulvini che rappresentano il ‘ciclo dei mesi’. Le colonne sono quarantasette e tra tutte, oltre a quella tortile, ne spicca una che è annodata, tipica dell’arte romanica. Inoltre, negli spazi della ex Abbazia di Santa Sofia, che comprende anche il chiostro, è ospitato il Museo del Sannio, principale polo museale in provincia di Benevento. Quasi cento anni fa, precisamente nel 1928, l’amministrazione provinciale acquistò l’abbazia, trasformandola in museo. Nel corso degli anni le collezioni furono ampliate e riorganizzate. Attualmente il museo raccoglie testimonianze che partono dal periodo sannitico e romano, per passare a quello longobardo, medievale, moderno, fino ad arrivare ad artisti del XX secolo. Il museo, infatti, si è ingrandito sempre più, acquisendo nel 2011 l’antico palazzo Casiello dove è stata allestita una pinacoteca con opere che arrivano fino ai giorni nostri.
Sono presenti reperti preistorici, epigrafi funerarie tardo antiche e longobarde, cippi funerari, sarcofagi, oggetti vari rinvenuti nelle tombe, facenti parte dell’abbigliamento dei defunti o che li potessero rappresentare. Quindi, gioielli o oggetti da lavoro per le donne, e armi per gli uomini, sempre tutto in base all’estrazione sociale e al rituale di sepoltura. Vasellame in ceramica, monete, oggetti devozionali, crateri attici a campana, statue di squisita fattura. Ed ancora sculture altomedievali provenienti da chiese o monasteri andati distrutti, capitelli. Insomma davvero una notevole quantità di oggetti ed opere d’arte che meritano certamente la visita. Molto bella e suggestiva anche la libera ricostruzione teatrale di un costume di guerriero longobardo, completo di spada e scudo, realizzato in occasione di una mostra tenutasi nel 2009 presso la Rocca dei Rettori.

Per i periodi successivi, troviamo importanti dipinti risalenti a periodi che vanno dal XVI al XVIII secolo e alcuni mobili tra cui spicca il raffinatissimo ‘monetiere Alberti’, un mobile in ebano, tartaruga, bronzo dorato, vetro dipinto e specchi, di fattura napoletana, risalente alla seconda metà del 17° secolo e di proprietà della famiglia Alberti. Nell’attiguo Palazzo Casiello, invece, continua la sezione d’arte moderna con opere di Renato Guttuso, Carlo Levi ed autori locali quali Nicola Ciletti e Mimmo Paladino.
La fontana che si trova nella piazza Santa Sofia, fu fatta costruire nel 1809 dal principe de Talleyrand, creato principe di Benevento tre anni prima. Fu progettata dall’architetto Nicola Colle De Vita, ed è costituita da una vasca circolare al cui centro vi erge un obelisco sorretto da quattro leoni, dalle cui fauci sgorga l’acqua. Ha subito diverse modifiche nel corso dei secoli. Inizialmente sull’obelisco vi era posizionato un globo con l’aquila imperiale della Francia napoleonica, e su di un lato era apposta un’epigrafe che ricordava il principe. Con la Restaurazione la targa fu rimossa e l’aquila fu sostituita con il triregno e le chiavi papali, per poi essere ancora sostituita con lo stemma d’Italia.

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