Interessante convegno si è tenuto ad Apice il 25 marzo u.s., dal titolo La Reintroduzione della Starna italica nella Penisola italiana.
Promotore e conferenziere il Dott. Antonio Porcelli di Apice, fondatore e direttore del Museo Ornitologico di Apice vecchio. Antonio Porcelli è una vera autorità nel campo ornitologico, laureato in Scienze naturali presso l’Università di Napoli “Federico II”, perito agrario ed agrotecnico, è socio di tutte le associazioni ornitologiche italiane.
Il convegno mirava a sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo scientifico sulle problematiche di cui soffre attualmente questa specie. La Starna, infatti, nonostante i massicci ripopolamenti effettuati, è in progressiva scomparsa in tutte le zone a lei congeniali.
Il nome scientifico è Starna perdix perdix ed è un uccello galliforme appartenente alla famiglia dei Fasianidi. E’ di medie dimensioni ed ha il corpo di una lunghezza media tra i 29 ed i 33 centimetri, con apertura alare di circa 45-48 centimetri, con un peso di poco superiore ai 400 grammi.
Sul petto grigio presenta una macchia di colore marrone a forma di ferro di cavallo, che tuttavia non è un indice attendibile per la determinazione del sesso, in quanto è prevalentemente dei maschi ma è comune anche presso le femmine per un 50%. Per stabilirne con certezza il sesso, bisogna esaminare la colorazione e la striatura delle penne che questa presenta a livello scapolare.
Oggi è difficile trovare questa tipica razza italiana a causa dei ripetuti ripopolamenti effettuati con le starne europee. Gli alimenti di cui si nutre sono vari e sono legati alle colture del momento, ma si aggirano sui 60 gr. come quantità. L’habitat originario è quello degli agrosistemi con un buon grado di biodiversità, costituito da prati, pascoli, coltivazioni cerealitiche con bordi erbosi cespugliati.
E’ in prevalenza granivora e si ciba di cereali, erbe selvatiche, graminacee ed altre erbe prative, non disdegnando germogli, foglie varie, frutti di arbusti selvatici, insetti e larve. La Starna vive in brigata fino alla fine dell’inverno, ma in primavera il maschio sceglie una compagna, ritirandosi così in una determinata zona dove viene costruito il nido in luogo tranquillo e appartato, ben nascosto. La femmina depone le uova in numero da otto a dodici, piriformi, di colore verde oliva, che vengono covate per 24 giorni circa. Solo dopo quindici giorni i piccoli inizieranno a volare sotto lo stretto controllo dei genitori. Il canto della Starna è un grido aspro e ripetuto, emesso soprattutto al mattino e al crepuscolo. Nel territorio italiano ormai si trova solo nelle aree collinari e montane, ma non più in pianura. Il regresso della sua presenza è stato determinato dalla costruzione delle numerose case coloniche e dall’uso sempre più abbondante di concimi chimici.
Per il ripopolamento molti ricercatori ritengono che gli esemplari provenienti da allevamenti intensivi siano inadatti. Il Dott. Porcelli afferma il contrario in quanto ritiene che quegli esemplari abbiano il vantaggio di garantire l’assenza di patologie e di essere nati e cresciuti – seppur in una condizione artificiale – comunque in un clima pressoché identico a quello del territorio che dovranno ripopolare. Inoltre non presentano alcuna difficoltà ad ambientarsi in un luogo, in quanto non hanno preferenza di ambienti specifici, avendo conosciuto solo l’allevamento. L’ora più adatta per liberarli è quella immediatamente precedente al tramonto, quando i componenti di un branco si chiamano tra loro per predisporsi a trascorrere insieme la notte. Meglio preferire esemplari più giovani, rispetto ai più adulti.
Il cambiamento della modalità di coltivazione dei terreni da parte dell’uomo, li ha resi inospitali per le Starne, a causa dell’eccessiva meccanizzazione che spesso ha conseguenze tragiche sui pochi esemplari presenti. Nei luoghi individuati per il ripopolamento, i terreni andrebbero dissodati a mano, coltivati a cereali, utilizzando prodotti non trattati, praticando due sole falciature all’anno, evitando gli sfalci nell’epoca della riproduzione. Andrebbero create e mantenute delle aree arbustive, con siepi autoctone ricche di produzione di bacche selvatiche.
Porcelli afferma che, partendo dall’Appennino Settentrionale, passando per quello Centrale, fino ad arrivare a quello Meridionale, il territorio idoneo ad ospitare le Starne, vada rinaturalizzato prima di immettere dei soggetti di ceppo italico, pena il fallimento delle operazioni. La Francia, invece, presenta condizioni migliori ed è là che si trova attualmente quasi la metà delle Starne europee.
Il recupero di questa specie, ritiene il Dott. Porcelli, potrà avvenire grazie alla selezione genetica operata dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) su un ceppo di origine appenninica, passando attraverso il Centro appenninico di Lucca, arrivando all’immissione in natura. La gestione del territorio e le buona pratiche agricole, come già detto, potranno fare il resto.