Di Barbara Ciarcia Persone, Territorio 11 novembre 2020 Avvocato penalista e dottore di Ricerca in Procedura Penale. Vincenza Luciano è stata la prima donna candidata a sindaco al Comune di Avella. Correva l’anno 2011. Non è stata eletta sindaco, ma per un lustro ha coperto il ruolo di consigliere di opposizione. E’ autrice del libro “135 chili di bignè, pane e merendine”, pubblicato nel 2017 dall’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore di Roma. Attualmente è consigliera di Parità della Provincia di Avellino e Presidente della ‘Fondazione Avella Città d’Arte’. Il lockdown non ha certo fermato la violenza di genere divenuta in questo caso soprattutto violenza domestica. L’Irpinia non fa eccezione. Quante segnalazioni o denunce ha ricevuto in questi mesi lo sportello di Palazzo Caracciolo? “Sin dalla prima settimana di lockdown abbiamo ricevuto un grido d’allarme da parte di una delle casa rifugio della provincia di Avellino. Le preoccupazioni erano due. La prima che a causa dei protocolli sanitari da seguire c’era il rischio che non si potessero ospitare le donne vittime di violenza nelle strutture deputate a ciò; la seconda è che le tantissime donne non riuscissero a comunicare all’esterno la violenza subita nelle mura domestiche. Sulla scia di quanto era già accaduto in Cina era chiaro che le denunce durante il periodo di massima restrizione calassero per poi aumentare in modo esponenziale con il ripristino dello stato di normalità. Questo è accaduto in tutta Italia purtroppo”. Lei è una professionista prestata alla politica. C’è ancora discriminazione, e quindi pregiudizio, verso le donne impegnate in politica? La rappresentanza rosa ai vertici istituzionali e amministrativi è adeguata ai tempi? “Il punto è che le donne non sono ancora entrate nella stanza dei bottoni. Quelle rare volte che vi entrano lo fanno purtroppo con dinamiche tipicamente maschili. Ma degli uomini non prendono la caratteristica più importante: la capacità di essere solidali tra loro. Assistiamo, pertanto, alla guerra delle donne contro le altre donne. Forse perché una donna per arrivare ai vertici deve sgomitare molto più di un uomo, sicché non fa sconti alle altre donne che trova lungo il suo cammino. E mentre noi siamo impegnate a farci la guerra tra di noi, gli uomini continuano a dirigere la nave. In teoria i tempi sono maturi per vedere un cambio di “genere” ai vertici della politica ma in pratica vedo solo uomini quali nostri rappresentanti politici. Le quote rosa sono, a suo avviso, un’offesa o una conquista? “Nessuna delle due cose. Sono una necessità vista la situazione di cui ho appena detto”. Body shaming e sexting sono gli ultimi fenomeni social di stampo sessista. Cosa occorre fare per contrastarli realmente? “Un cambiamento culturale, un cambio di mentalità e per fare ciò è necessario abbattere gli stereotipi di genere che si insinuano in ognuno di noi sin da piccoli. Sarebbe cosa buona e giusta introdurre, ad esempio, l’educazione di genere nella scuola, a partire da quella primaria. C’è un disegno di legge in tal senso ma a tutt’oggi è fermo. Peraltro è questa la strada da percorrere anche per prevenire la violenza contro le donne. Non so cosa bisogna aspettare affinché questa proposta diventi legge. Troppi proclami, troppe parole pochi i fatti e le azioni. Meno “professioniste/i” delle pari opportunità e più azioni concrete. Covid permettendo, noi tenteremo un esperimento in provincia con le scuole di 15 comuni irpini per parlare di educazione di genere. È solo un piccolo inizio ma vogliamo provarci e fare la nostra parte”. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Barbara Ciarcia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente LAVORARE AL NORD, VI... Articolo Successivo Tufo, la capitale de...