Di Elisa Giammarino Storia, Territorio Irpinia, territorio, vocazione territoriale, xd magazine 27 febbraio 2020 La Campania porta a casa il decimo riconoscimento. La notizia arriva in un tardo pomeriggio di dicembre, inaspettatamente. Rimbalza vorticosamente di bocca in bocca rompendo il silenzio di anni di lavoro e di paziente attesa, perché quella ottenuta è una conquista straordinaria che fa esultare l’intera comunità di Lacedonia, prima, e la Campania tutta, poi. È la proclamazione della transumanza a Patrimonio culturale dell’Unesco a fare in modo che la regione Campania porti a casa il decimo riconoscimento, dopo quelli per la Dieta Mediterranea, per l’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani, per le Macchine a spalla di Nola, per il Centro storico di Napoli, la Reggia di Caserta, il complesso monumentale di Santa Sofia a Benevento, per Pompei ed Ercolano, la Costiera Amalfitana, il Parco Nazionale del Cilento, diventando così la prima regione italiana per siti ed elementi iscritti nelle Liste dei Patrimoni culturali materiali e immateriali. All’unanimità il Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, riunitosi in Colombia a Bogotà lo scorso 11 dicembre, ha approvato l’iscrizione della pratica della Transumanza nella Lista dei Patrimoni Culturali dell’Umanità. “Rispettosa del benessere animale e dei ritmi delle stagioni – si legge nella motivazione dell’Unesco – essa è un esempio straordinario di approccio sostenibile per affrontare le sfide poste dalla rapida urbanizzazione e dalla globalizzazione e ha contribuito in modo significativo a modellare il paesaggio naturalistico”. La transumanza, infatti, resiste tra memoria e riscoperta quale elemento identitario, come pezzo di storia da tramandare e, prima ancora, da conoscere, fino a diventare una risorsa per il territorio, un potenziale veicolo di sviluppo economico, produttivo e turistico. E quest’ultimo riconoscimento porta alto il nome e la cultura dell’Irpinia con Lacedonia, unico paese della Campania ad essere inserito nel dossier dei luoghi emblematici di tale pratica e da cui passa il Regio Tratturo, un antico percorso della transumanza che parte dai monti dell’Abruzzo e arriva al Tavoliere delle Puglie. Suona strano ed è difficile immaginare che tuttora, all’arrivo della stagione invernale, mandrie di bovini discendano dai pascoli, attraversino paesi, chilometri e chilometri di cammino, per recarsi nelle pianure dal clima più mite, sotto la guida di perseveranti famiglie di pastori. Sembra assurdo che esista ancora il pascolo vagante, questa sconosciuta forma di tradizione praticata soprattutto tra Molise, Abruzzo e Puglia, Lazio, Campania, e al Nord tra Italia e Austria nell’Alto Adige, in Lombardia, Valle d’Aosta, Sardegna e Veneto. Eppure la transumanza, la migrazione stagionale del bestiame, di mandrie, greggi e pastori, un’antica pratica della pastorizia dalle remote origini, esiste e resiste nell’Alta Irpinia, con gli itinerari, con i suoi prodotti. L’inconfondibile rumore dei campanacci e il muggito delle numerose mucche bianche è appuntamento cadenzale a Lacedonia. Due volte all’anno fanno la loro comparsa in una sfilata assordante, accompagnata dalle urla e dai fischi dei mandriani, scortata da attenti pastori abruzzesi, in un rito senza tempo che attraversa il paese, mentre tutto si ferma, aspetta. Nel loro passaggio passano secoli di storia delle aree interne, non solo di Lacedonia, scorrono le immagini di un sodalizio tra uomo e natura che pare dimenticato, uno spettacolo che riconduce alle origini e a cui il paese assiste sempre un po’ meravigliato, come se fosse ogni volta la prima volta. E passano con esse i valori e la vita errante dei pastori transumanti. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Elisa Giammarino Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente PIÙ OTTICA SCAUZILLO... Articolo Successivo MARIO FERRANTE Un ir...