Di Loredana Zarrella Storia, Territorio 9 novembre 2022 Un’arte antica che rivive grazie alla scuola della Pro loco È un’arte antica, che richiede concentrazione, grande abilità e sapienza tecnica. È l’arte del tombolo, praticata da secoli a Santa Paolina e Montefusco. Simbolo dell’identità culturale di questi territori, come tante, complesse tradizioni di un tempo che fu, ha rischiato e rischia di finire nel dimenticatoio ma c’è ancora chi, attaccato alla propria terra e alle proprie origini, continua a far vivere questo mestiere, questa laboriosa lavorazione che dà vita a manufatti pregiati e ancora ricercatissimi. A Santa Paolina, in particolare, una scuola, fondata nel 1993 dalla Pro loco, continua a trasmettere l’arte del tombolo alle nuove generazioni. Dopo due anni di sospensione a causa delle misure sanitarie, i corsi sono ripartiti la scorsa primavera. «In passato la scuola è arrivata a contare fino a trenta allieve – ha spiegato Giuseppe Silvestri, presidente della Pro loco di Santa Paolina e dell’Unpli di Avellino -. Ora bisogna rimettere in moto la macchina della promozione e riconsiderare il lavoro delle “pizzillare”». «La Pro loco ha voluto impegnarsi fortemente sul Greco di Tufo, altra eccellenza del territorio, e sul tombolo per cui, attraverso una semplice operazione – la fondazione di una scuola -, si cerca di consentire alle giovani generazioni di avvicinarsi a questa nobile arte. Allo stesso tempo il nostro impegno è quello di promuovere il prodotto con la partecipazione a mostre, territoriali e internazionali, perché è giusto che ci sia anche un ritorno economico» ha precisato Silvestri. «Senza la scuola, il tombolo sarebbe morto» aggiunge. La tecnica prende il nome dallo strumento stesso con cui si realizzano queste vere e proprie opere d’arte. Il tombolo è, in pratica, il cuscino cilindrico, generalmente di paglia, che funge da supporto per la realizzazione di pizzi e merletti. Con questo termine – tombolo – si indica anche il merletto stesso. Sul cuscino viene fissato, con degli spilli colorati, il foglio con il disegno da realizzare, una sorta di stampato preparatorio che indica il tracciato. A questo punto si utilizzano, in modo alternato, dei fuselli di legno, detti “tommarielli”, sui quali viene avvolto e fissato il filo, preferibilmente di lino. Una volta terminato il lavoro, basta rimuovere gli spilli per poter ammirare la creazione ottenuta. Diversi sono i tipi di ricami, veri capolavori di antico e sapiente artigianato: il ricamo base è detto Trina mentre le lavorazioni più antiche e complesse sono note come la Spina di pesce, che richiede l’uso di 110 fuselli, o la Foglia d’uva che richiama la foglia del vitigno Greco di Tufo e per cui occorrono ben 238 fuselli. Il rummulillo (piccolo rombo), la storta, a via nova, a centra, lo iallo e la mennola sono i nomi dei pizzi generati dal dialetto locale. Alla scuola del Tombolo di Santa Paolina si insegna la trina, la mezza passata e la rosetta. Ancora oggi le donne che lavorano il tombolo vengono dette le “pizzillare”. Un tempo le pizzillare integravano il reddito familiare con la realizzazione e la vendita di queste meravigliose coperte. La tradizione si è tramandata nei secoli di madre in figlia e oggi persiste grazie all’impegno della Pro loco e delle maestre di tombolo. La biancheria adornata con questi pizzi e merletti diveniva, un tempo, corredo ambito e prezioso. Coperte, lenzuola, tende, tovaglie, centrotavola impreziosite da raffinati merletti. Prima di diventare arte “popolare”, erano i paramenti liturgici a essere decorati e abbelliti da questi ricami. Manufatti unici al mondo che oggi l’alta moda ricerca e reinventa. Si pensi alla nuova collezione Haute Couture Autunno/Inverno 2022-23 degli stilisti di Dior che, ancora una volta, si sono lasciati ispirare dall’ingegno, dalla creatività e dalla precisione di questa antica espressione di artigianato artistico. Dior ha guardato alla tradizione pugliese. Anche l’Irpinia è sotto i riflettori delle grandi firme. Il dialogo tra l’alta moda e il tombolo di Santa Paolina è appena iniziato e potrebbe riservare grandi sorprese. Praticata dalle educande nei monasteri femminili e poi dalle donne popolane, il Tombolo è un’arte nobile e antichissima, simbolo della cultura di diverse località italiane, dal Nord al Sud, tra cui, appunto, Santa Paolina e Montefusco. Immaginate gruppi affiatati di donne intente a intrecciare in modo armonioso e sapiente grappoli di fuselli in legno e dare vita, così, a un ritmico e dolce ticchettio. Eccezionale concentrazione e grande bravura nell’esecuzione erano le caratteristiche di queste donne, spesso umili e senza titolo di studio. L’origine precisa del Tombolo non è definibile in un preciso periodo storico ma si ritiene che questa tecnica abbia avuto origine nelle Fiandre e che si sia diffusa in Italia nel corso del XV secolo. Con il tempo la qualità dei tessuti e le tecniche andarono differenziandosi in base alle specificità del luogo. A Santa Paolina e Montefusco, allora capitale del Principato Ultra, quest’arte si sviluppò, tra fine Trecento e inizio Quattrocento, grazie alle corti locali. Le scuole e le botteghe di ricamo si distinsero da subito per pregio e creatività delle opere. A distanza di secoli i corsi hanno ripreso a rivivere, reinterpretando la loro missione: far rinascere un artigianato artistico di qualità e grande vivacità, espressione nobile di una cultura antica e raffinata che la haute couture guarda con sfacciato e vivace interesse. L’arte in tutte le sue forme continua a vivere di magnifiche contaminazioni. Di recente l’artista Gennaro Vallifuoco si è lasciato ispirare dal filo bianco delle pizzillare di Santa Paolina dando vita a una composizione artistica, collettiva, di grande effetto inserita nella mostra Mefitis allestita lo scorso marzo presso l’ex carcere borbonico di Avellino. In ogni espressione culturale emerge prepotente l’immenso lavoro delle pizzillare. «Abbiamo portato il tombolo in giro per il mondo. Lo abbiamo anche fatto conoscere in modo diffuso nel nostro stesso territorio. Questa conoscenza capillare è fondamentale per raccontare e sottolineare la creatività e la laboriosità delle donne irpine» ha concluso Giuseppe Silvestri, instancabile narratore e custode della bellezza made in Irpinia. Come non ricordare, allora, il nome delle donne che mantengono ancora in vita l’arte del tombolo? La scuola della Pro Loco di Santa Paolina, dedicata a Cirina Gaetana, detta “a Capitana”, ha radici profonde grazie alle maestre coinvolte in passato quali Aurora Ricciardelli, Rosalia Egidio, Antonietta Panza, Eva Spinelli. Tra le nuove maestre figurano Berardina Spinelli, Fiorella Egidio, Renata Ianuario, Michela Cecere, Ersilia Tretola, Emanuela Ciampi, Rita Sant’Angelo, e Amelia Maio come collaboratrice. Tombolo, tommarielli, spilli, fogli preparatori e fili bianchi, di lino o cotone, hanno ancora tanto da raccontare. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Loredana Zarrella Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Adelia Bozza, maestr... 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