Di Antonio Mango A tavola, Lifestyle a tavola, lifestyle, territorio, vocazione territoriale, xd magazine 13 settembre 2017 Il glifosato è il più temibile. La microtossina Don non è da meno. Il cadmio completa (solo parzialmente) il quadro degli orrori alimentari. Non si crederà, ma noi a tavola, quando mangiamo un bel piatto di pasta, ingeriamo spesso uno shakerato di contaminanti. Un potente erbicida, inserito dall’Agenzia per la ricerca sul cancro Iarc (OMS) tra le 66 sostanze a rischio; elementi chimici tossici prodotti da muffe; metalli pesanti dannosi già in bassa concentrazione. Intendiamoci, quasi sempre i limiti di legge vengono rispettati, a garanzia e a certificazione della nostra salute. I controlli italiani sono tra i migliori al mondo. Ciò nonostante c’è chi invoca il principio di precauzione (se c’è un dubbio si sospende) o perlomeno il diritto all’informazione su contaminanti e provenienza del grano. A lanciare l’allarme l’associazione Grano Salus, nata a Foggia il 22 ottobre 2016, a difesa dell’oro giallo del Sud. Un test pubblicato il 26 febbraio di quest’anno (e preceduto con uguali risultati da un test Salvagente dell’aprile 2016), ha accertato nelle paste la presenza di glifosato, potente disseccante, il più diffuso al mondo, usato in pre-raccolta negli Usa e Canada nelle coltivazioni di grano duro per favorirne una sorta di maturazione artificiale. Sotto esame otto marchi di spaghetti Made in Italy, chi più chi meno tutti contenenti residui di glifosato. L’argomento è conteso ovviamente e anche le aziende pastaie hanno da dire la loro. Soprattutto il fatto che si è comunque nei limiti di legge. Ovviamente chi dà battaglia su questo preferirebbe applicato il principio di precauzione, anche perché non sono esplorati gli effetti sinergici di più contaminanti, sia pure entro le prescrizioni di legge. Basterebbe, per le tesi salutistiche, sapere che la sostanza (distribuita dalla multinazionale Monsanto) è classificata in campo europeo come “irritante”, “pericolosa” e “tossica”, oltre che essere tra le sessantasei a rischio cancerogeno. C’è un aspetto che spiega molte cose. Il glifosato è bandito in Europa in pre-raccolta dall’agosto 2016, ma il divieto non è esteso ai grani d’importazione. Singolare situazione di concorrenza sleale, oltre che di immissione di prodotto contaminato. Dall’erbicida killer alla microtossina Don (DeOssiNivalenovo), riscontrata soprattutto nel grano canadese. Effetti cancerogeni paventati, con Italia ed Europa, che fanno un passo indietro invece di farlo avanti. Fino al 2006, infatti, si osservava, per andare sul tecnico, un limite di 750 ppb (‘Parts per Billion’). Dopo il 2006 –denuncia Grano Salus- il Parlamento europeo, sotto la pressione delle lobby della pasta, ha alzato il limite a 1750 ppb, per agevolare l’approvvigionamento a basso costo di grano estero di bassa qualità”. E qui bisogna fare incursione nella geografia. Si potrebbe citare, in questo quadro deprimente, un Mezzogiorno virtuoso e incontaminato. La ragione? Le diverse condizioni climatiche fanno la differenza. Infatti, Il grano importato dai paesi nordici, a clima continentale, freddo e umido, arriva al momento della raccolta ancora verde e immaturo. A causa del clima si sviluppano malattie che poi danno origine alle famigerate microtossine. Niente di tutto questo nel Sud d’Italia, dove il clima più secco e i raggi ultravioletti impediscono la formazione di muffe. Per alcuni un giacimento d’oro sotto il profilo tossicologico, con le colline campane, a partire da Irpinia e Sannio, in posizione di vantaggio competitivo. E qui veniamo ad alcuni paradossi brucianti. Si chiamano dogane e miscelazioni vietate. Il sospetto è che l’oro giallo del Sud venga destinato ad una pratica non consentita ovvero mischiare grano contaminato dei paesi nordici con quello solare e sicuramente più sano del Mezzogiorno, per rientrare nelle medie tossicologiche da contaminanti. Altro paradosso: le leggi non prevedono alcun obbligo di tenere separati gli stock di grano alimentare da quelli ad uso zootecnico, con conseguenze immaginabili. Infine: il grano contaminato può tranquillamente entrare in Europa attraverso una dogana europea meno rigorosa e più “distratta”, per poi viaggiare da un capo all’atro del continente -Italia compresa- senza subire altri controlli. Si potrebbe dire “è la globalizzazione bellezza”, ma ci sarà pure un modo per conciliarla con la salute. E se il Mezzogiorno facesse valere nel suo identikit commerciale proprio il suo grano salutista? Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Antonio Mango Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Abbronzati più a lun... Articolo Successivo Alessandrite la gemm...