Di Donatella De Bartolomeis Cultura, Libri cultura, libri, vocazione territoriale, xd magazine 20 aprile 2017 La cronaca ci sbatte in faccia quotidia¬namente episodi di violenza e femminicidi. Qualcuno sostiene che sia una questione culturale. Il libro “Il seme del dubbio”, scritto dall’avvocato irpino Claudio Sara, ci riporta alla legislazione degli inizi del ventesimo secolo in materia di violenza sulle donne e in particolare ci proietta ai tempi del “matrimonio riparatore”, un’istituzione che consentiva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui il violentatore sposava la vittima. Violenza su violenza, dunque, donne costrette a rimanere per tutta la vita con il proprio carnefice e rispettarlo finché morte non li separi. Un romanzo convincente, questo di Sara, intenso, coinvolgente. Una sorta di legal thriller con tratti tipicamente italiani e con risvolti storici particolarmente significativi e importanti. Il protagonista è Renzo Vinsa, un esperto avvocato di provincia, (alter ego dell’autore?) che sul finire degli anni Cinquanta si trova alle prese con un caso che lo coinvolge in maniera totale e assoluta: la violenza sessuale su una ragazzina di quattordici anni. Non è un reato come gli altri, è qualcosa di raccapricciante, abietto, sconvolgente. Vinsa avverte su di sé la responsabilità e il peso del suo ruolo. Si lancia a capofitto nel processo, ingaggiando una lotta caparbia e generosa, costantemente in bilico tra la spasmodica ricerca della verità e la paura di non centrare l’obiettivo. Si ritrova addosso un’ansia quasi da esordiente, viene assalito da mille dubbi che minano le sue certezze professionali, la sicurezza e la disinvoltura con cui si era sempre mosso nei meandri del suo lavoro. Spende tutto sé stesso in quella battaglia finendo per esserne quasi travolto psicologicamente. Si lega e si affeziona al suo cliente, Guido Ranucci (padre di Candida, la ragazzina violentata) che, da anni, ha fatto della sua sete di giustizia l’unica ragione di vita e che, ormai, chiede alla sua triste e logora esistenza una cosa soltanto: la condanna del violentatore di sua figlia, il tenente dell’esercito, Giuseppe Achilli. Le udienze, ricche di colpi di scena, si susseguono tra tante testimo¬nianze che, col tempo, insinuano in Vinsa il dubbio che non gli sia stata detta tutta la verità e che la vicenda prospettatagli possa essere un complotto ordito dal suo cliente per incastrare il tenente. “Il verdetto di una vita” arriverà al termine di un percorso costellato di sofferenze e tormenti interiori che attanagliano il lettore dalla prima all’ultima pagina. La storia, sciolta lentamente, ma costantemente, come una matassa, fa emergere in maniera tutt’altro che velata, altri aspetti interessanti e di rilievo. Sullo sfondo del romanzo, troviamo un’Italia ancorata a norme vetuste, antiquate, inadeguate e a una mentalità retrograda e fatta di atavici pregiudizi. Ma soprattutto Sara ci mostra come, a quei tempi, la donna fosse ridotta a un ruolo incredibilmente marginale: Candida rimane sullo sfondo della storia, non viene quasi mai al proscenio, se non in un paio di occasioni, a conferma di una condizione femminile di palese subalternità e di arretratezza culturale. Nelle pagine del romanzo il lettore troverà sempre e solo il padre della ragazza che si interessa del caso e cerca di portare avanti la battaglia legale. Un romanzo duro e delicato che mostra anche lo straordinario amore dello scrittore per l’arte forense. E che ha ampiamente meritato i riconoscimenti ottenuti, come il secondo posto all’edizione 2016 del Premio Interna¬zionale di Poesia e Narrativa “Memorial Melania Rea”, patrocinato tra gli altri, dalla Presidenza del Senato della Repubblica e la partecipazione alla finale dell’edizione 2016 del prestigioso Premio Sanremo Writers. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Donatella De Bartolomeis Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Compagnia teatrale «... Articolo Successivo Condono Equitalia 20...