Di Barbara Ciarcia Persone, Territorio interviste, persone, vocazione territoriale, xd magazine 21 gennaio 2019 La nuova vita dei borghi fantasma è un set cinematografico. Le ‘ghost town’ vanno di moda specie al cinema. Location esclusive, e a torto dimenticate. Luoghi dell’anima abbandonati troppo in fretta da comunità che si sono trasferite altrove, e oggi luoghi ideali per le riprese di film dalle grandi speranze e dagli incassi rispettabili. E’ il caso recente de ‘Il bene mio’ del giovane regista di Bitonto Pippo Mezzapesa, titolo ispirato all’omonima canzone di Matteo Salvatore poi reinterpretata da un immenso cantastorie come il calitrano Vinicio Capossela. La pellicola, prodotta da Rai Cinema e finanziata dalla Regione Puglia, è un inno ai paesi-presepi della dorsale appenninica scatole vuote ormai e senza più umanità eppure scrigni di memorie e patrimonio materiale di quell’umanità che ha poi preso altre strade e vissuto altre storie. Elia, il protagonista, è Sergio Rubini, attore che ha dato ancora una volta prova di superba recitazione e magistrale interpretazione di un uomo, vedovo, che sfida il destino e le istituzioni e sceglie di restare l’unico abitante di ‘Provvidenza’ ovvero Apice vecchia. E’ qui infatti che è ambientata e girata la storia del superstite del sisma che segnò il progressivo spopolamento del borgo del Medio Calore. Una storia di fantasia, certo, che trova comunque forte ispirazione dalla realtà. “Se non avessi trovato Apice dopo aver visto diversi altri borghi fantasma non avrei più girato il film – ha ammesso Pippo Mezzapesa durante la presentazione de ‘Il bene mio’ al pubblico sannita -. Qui ho trovato i suoni i colori e l’atmosfera che avevo in testa e che poi ho trascritto nella sceneggiatura. Apice vecchia è semplicemente magia”. Eh sì perché c’è l’abitato nuovo, costruito sul poggio dirimpetto al centro storico abbandonato in seguito al terremoto del 1962. Il paese fu dichiarato inagibile e a rischio e la popolazione costretta a spostarsi nel borgo fatto appositamente per accogliere gli ‘sfollati’ da una calamità naturale incombente. Eppure il vecchio abitato “disteso come un vecchio addormentato” su una collina friabile e insidiosa è ancora là. Un guscio color ocra che avvolge il dedalo deserto di vicoli e viuzze strette e addossate a palazzi signorili e modeste abitazioni all’ombra del castello recuperato e trasformato in location nuziale di grido e di tendenza. “Sono sicuro che ci sarà, presto o tardi, un ritorno e ancor più una riscoperta di luoghi come Apice vecchia- incalza Mezzapesa a margine della proiezione del film che lo ha consacrato cineasta-. Se già si prende consapevolezza delle potenzialità che questi borghi hanno si è fatto un passo avanti, e si è sulla strada giusta della valorizzazione di un patrimonio unico nel suo genere”. Ricordare è un imperativo categorico, ed è il monito finale di Elia contro l’amnesia dei suoi ex concittadini e la superficialità contemporanea. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Barbara Ciarcia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Antonio De Sio, dire... Articolo Successivo Gli Irpini in Russia...