Di Barbara Ciarcia Cultura, Spettacolo 7 aprile 2020 La costume designer racconta a XD la sua quarantena e la sua vena letteraria E’ una sprinter della moda, anzi, lei detta la moda. Paola Nazzaro, figlia d’arte, discendente di una storica famiglia di commercianti avellinesi specializzati nell’abbigliamento di lusso, giovanissima ha lasciato il capoluogo irpino per inseguire e realizzare un sogno: diventare costumista cinematografica. E ce l’ha fatta. Oggi il suo nome non solo appare nei titoli di coda di importanti pellicole ma è conteso e richiesto dai migliori cineasti italiani. Come tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo anche Paola da settimane è a riposo forzato. Riposo si fa per dire. “Sono rinchiusa ai domiciliari– scherza la bellissima creatrice di stile-, e ho fatto in tempo a terminare le riprese di un film”. Era infatti sul set poche ore prima che scattasse il fatidico DPCM dell’8 marzo, quello che ha bloccato praticamente le attività e gli spostamenti sul territorio. “Sono in clausura certo ma sto lavorando di più stando a casa– ammette con la sua innata eleganza Paola Nazzaro chiusa nel suo studio sui tetti di Roma-. Sono più concentrata, e di conseguenza sono più creativa”. Le giornate sono scandite dalle sirene dei mezzi delle forze dell’ordine e dai rintocchi delle campane. La scrittura è diventata molto presto il suo rifugio, la seconda passione più volte interrotta fino a un mese fa dal lavoro cinematografico, decisamente assorbente. “Adesso invece posso dedicarmi molto di più alla stesura di storia che ho in mente, e pure a cuore– asserisce Paola Nazzaro- . Il silenzio assordante genera inquietudine ma chiede e pretende risposte. Stiamo vivendo, forse senza ancora rendercene conto, un momento epocale che sta tracciando scenari e pagine di storia già immaginati dalla fantascienza e dalla cinematografia hollywoodiana”. Lei, artista fino al midollo, esteta e amante di tutto ciò che fa tendenza ma con gusto non ha affatto gradito l’affaccio dai balconi, i primi giorni dell’emergenza pandemica, per cantare a squarciagola. Lo ha trovato semplicemente di cattivo e dubbio gusto. E comunque poco rispettoso verso le vittime e i familiari. “C’è poco da cantare sinceramente– stigmatizza la costumista-scrittrice-, piuttosto c’è da capire come possiamo contribuire a fare la nostra parte. Beh, un modo c’è: rispettare le regole, e rispettare gli altri”. La solitudine però a volte l’assale, quella dei contatti più cari soprattutto. Le manca tanto l’adorata mamma, e il fratello Ciro e gli amici avellinesi. “Trovo sinistro vietare alla gente di stringersi la mano o abbracciarsi– incalza sempre la Nazzaro-, ma se questo è utile a contenere la diffusione del virus allora va bene. Intanto, grazie alla quarantena potrò finire la bozza di un altro libro a cui sto lavorando da un pò”. E così si tuffa tra tastiera del pc appunti memorie e fogli sparsi sulla scrivania in attesa di essere messi in ordine e soprattutto nero su bianco. Adesso è il tempo della riflessione. E visto che di tempo ce n’è Paola ha approfittato di queste giornate per riscoprire e apprezzare il silenzio degli angoli di Trastevere, il suo luogo dell’anima. “Non è poi così male questa condizione. Basta coglierne gli aspetti positivi– conclude Paola Nazzaro-. La città vuota è ancora più bella. Ci voleva questo tempo per conoscere e riconoscere spazi che fino a qualche giorno fa non attiravano la mia attenzione. Adesso sono una detective sulle tracce della mia memoria”. Il silenzio concilia con se stessi. Così Paola ha scoperto attitudini che diversamente non sapeva di possedere. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Barbara Ciarcia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Pulcinella, super er... Articolo Successivo L’Andis boccia...