Di Valerio Massimo Miletti Storia, Territorio 10 aprile 2020 Il Palazzo Pagella – Buongiorno risale al XVIII secolo ed è situato nel centro storico di Bonito, di fronte alla chiesa Madre e a pochi passi dal Largo Mario Gemma, dov’è situato il Municipio. Fu inizialmente di proprietà della famiglia Capozzi che lo vendette alla fine dell’800, per trasferirsi negli Stati Uniti, al musicista Crescenzo Buongiorno e a sua sorella Rosaria. Il palazzo fu abitato prevalentemente da Rosaria e dalla sua famiglia, poiché il musicista, trasferitosi poi in Germania, vi dimorò sporadicamente durante i suoi ritorni nel paese natio. Rosaria Buongiorno sposò Pietro Pagella, carabiniere proveniente dal Piemonte (Castelceriolo, frazione di Alessandria), che per meriti di guerra ebbe assegnata la gestione di un Ufficio Postale. Dalla loro unione nacquero cinque figli: Pia, Riccardo, Umberto, Sigfrido e Marino. Pia, pur essendosi sposata con il maresciallo dei Carabinieri Gennaro Brescia, non ebbe figli, mentre dei maschi solo Marino prese moglie, sposando nel 1923 Emilia Miletti, da cui nacquero Rosaria nel 1924 ed Ermelinda nel 1925. Rosaria è deceduta nel 2010, mentre Ermelinda nel 2015, entrambe senza prole. Per volontà di quest’ultima il palazzo, con tutto il suo contenuto, è andato a quattro eredi con l’indicazione di farne possibilmente un luogo visitabile, per far godere dei ricordi veramente numerosi del musicista e dare la possibilità – a bonitesi e non – di conoscere questo personaggio divenuto così noto in Germania. L’immobile, composto da più vani, al pianterreno e al primo piano, mostra due pavimenti in maiolica di fine ‘800, in stile moresco, ed è arredato prevalentemente con mobili e suppellettili del periodo che va dalla metà dell’Ottocento ai primi del Novecento. Alcuni sono stati realizzati da valenti artigiani del luogo, una volta – ma ancora adesso – molto famoso per la presenza di numerosi bravissimi artisti del legno. Nella casa si conserva anche un’antica statua lignea raffigurante santa Caterina d’Alessandria e, del musicista, si conserva il pianoforte, un armonium a pedali, il violoncello costruito da un’antica bottega di liutai napoletani, spartiti musicali originali, fotografie, lettere autografe spedite alla famiglia e lettere di personaggi dell’epoca spedite al maestro. Il pianterreno ha ancora il soffitto con volte a crociera, mentre i lavori eseguiti dopo il sisma del 1980 non hanno consentito che lo stesso si facesse per i soffitti del primo piano. Suggestiva la cantina, con botti, tini e tutto quanto occorre per la vinificazione. Molto interessante anche il giardino retrostante, con numerosissime piante anche antiche, e fiori di tutti i tipi. Una delle due proprietarie era una grande appassionata di floricoltura e non perdeva occasione, durante i suoi numerosi viaggi, anche all’estero, di portare con sé semi e piante tipiche di quei luoghi lontani. Recentemente, grazie all’interessamento di esperti botanici, le circa cento piante presenti sono state identificate e recensite. Nel 2018 vi è stata anche un’apertura al pubblico del giardino, consentendone una visita guidata. Dal giardino stesso o da un terrazzo del primo piano, è anche possibile godere di una bellissima vista sulla vallata retrostante, che guarda verso Ariano Irpino, Melito Irpino, Grottaminarda, zona industriale di Flumeri, Passo Eclano e via via sulla destra fino ad arrivare al Monte Terminio. Da sx Hartmann, Buongiorno, Von Huppmann, Illica Giusto ora, dare dei cenni biografici dell’illustre personaggio che ne fu il proprietario. Crescenzo Buongiorno nacque a Bonito il 9 agosto 1864 da Ambrogio e Gaetana Marenghi. Mostratosi ben presto dotato di un talento musicale non comune, iniziò a suonare il piffero eseguendo dei pezzi della locale banda musicale e fu notato dal podestà del paese che prese a cuore la sua passione. Il giovane Crescenzo fu inviato a studiare presso il Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, a spese del Comune, perché di famiglia modesta, ed ebbe come insegnante di Contrappunto e Composizione il M° Paolo Serrao, di violoncello il M° Domenico Laboccetta, di pianoforte il M° Beniamino Cesi. Come compagni di studi ebbe Umberto Giordano, Nicola Spinelli, Francesco Cilea, nomi tutt’altro che sconosciuti. Le premesse erano ottime e infatti si diplomò con successo il 31 maggio 1886 in violoncello e composizione, con l’Etelka, opera tragica in due atti, messa in scena nel teatro del Conservatorio, su libretto di Enrico Golisciani, poi ampliata in tre atti e riproposta a Praga nel 1894, con libretto di Hartmann. Per la sua particolare bravura nelle esecuzioni al violoncello, persino la regina Margherita volle complimentarsi con il giovane musicista, intrattenendosi a parlare con lui per più di quindici minuti. E fu sempre la sua bravura a far si che venisse invitato, come alunno onorario, presso il Conservatorio Imperiale di San Pietroburgo. L’anno seguente arrivò il secondo successo. Rimasto presso il Conservatorio di Napoli, per interessamento di Francesco De Sanctis, allora ministro per l’Istruzione, compose La Pia dei Tolomei opera in quattro atti, ricca di passione, su libretto sempre di Golisciani. Ma la vita di un musicista era difficile anche nella Napoli di fine Ottocento e così Buongiorno, anche se con ritrosia, si trovò ad accettare l’ingaggio del Teatro napoletano La Fenice, rivale del San Carlino, per il quale compose un considerevole numero di operette, (ben 18 scritte tra il 1889 e il 1894) tra cui strepitoso successo ottennero Una Santarella, Abukabuz, La zingara e Il diavolo zoppo. Il teatro era sempre affollatissimo e gli applausi scrosciavano in grande quantità. Tali operette, alcune composte anche per Eduardo Scarpetta, dalla musica elegante, brillante, briosa, furono replicate numerosissime volte su richiesta del pubblico. Il Buongiorno iniziò a guadagnare bene e a mettere anche dei soldi da parte. Tuttavia, per ottenere maggiori successi, fu esortato da critica e stampa a recarsi in Germania ove si diceva che i compositori fossero meglio compresi ed apprezzati, e così fece. Fu una decisione sofferta, ma lasciata l’Italia con una compagnia da concerto, della quale si assunse la direzione, il musicista fu in Svizzera, in Austria e infine a Dresda, dove trovò l’apprezzamento e la protezione del barone Serge von Huppmann Valbella che lo introdusse negli ambienti artistici tedeschi. In Germania, terra di Beethoven e di Wagner, trovò davvero tutto ciò che cercava: ispirazione, apprezzamento e amore. Conobbe e sposò, infatti, la prussiana Frida Maddalena Berndorf che gli dette due figlie, Italia nel 1896 e Alba nel 1898. Nella sua nuova patria riprese la produzione di opere con la nuova edizione dell’Etelka, ampliata con un altro atto, e poi con La festa del Carro – libretto di Ferdinando Stiatti – (ispirata alla famosa festa mirabellana), rappresentata al Teatro Nuovo di Lipsia il 24 maggio 1896. Buongiorno, infatti, era molto legato a Mirabella dove, contrariamente a Bonito, aveva trovato un ambiente favorevole e dove trascorreva delle ore felici, soprattutto durante i mesi di vacanza. Aperte per lui la casa dei baroni Henrico, la casa del notaio Vincenzo Ferri, dove si riuniva un vero e proprio cenacolo di musicisti, e casa degli Uberti dove cantava e suonava sovente il piano la napoletana baronessina Maria Martino. Peccato che l’opera, rappresentata a Lipsia, in un luogo così diverso da quello che l’aveva ispirata, non trovò la giusta interpretazione dei cantanti, né scenografi adatti, e non raccolse il gradimento del pubblico. Ma si riscattò nel 1901 componendo un’altra opera, Il cuor delle fanciulle su libretto di Luigi Illica – il librettista di Puccini – lavoro in quattro atti rappresentato per la prima volta presso il Teatro Reale di Kassel il 16 febbraio 1901, con trionfale successo, e poi a Dresda il 5 maggio dello stesso anno, e successivamente presso il Teatro Municipale di Piacenza, il 22 gennaio 1903, con replica della settimana successiva. Proprio comunicando questo grande successo alla sorella Rosaria in Bonito, con una lettera del 22 febbraio 1901, il Maestro Buongiorno, annunciò di essere stato colpito “da un male terribile” che non gli lascerà scampo. Iniziò, quindi, a scrivere un’autobiografia forse proprio per fissare tutti i suoi ricordi, nella consapevolezza di non poter vivere ancora a lungo e con la voglia di sopravvivere nelle sue composizioni. Nonostante la malattia che lo consumava lentamente, riuscì ancora a dare sfogo alla sua vena artistica con un’ultima opera, Michelangelo e Rolla, su libretto di Ferdinando Stiatti. L’opera fu rappresentata con successo al Teatro Reale di Kassel il 29 gennaio 1903, e successivamente a Lipsia e a Piacenza, pochi mesi prima della sua morte che avvenne a Dresda, a soli 39 anni, il 7 novembre dello stesso anno. Fu assistito da una domestica e dalla baronessa vedova Von Philipson, sua amica ed estimatrice. I suoi resti mortali furono tumulati nella città che lo aveva ospitato per più di un decennio, proprio nella tomba del barone Von Philipson. Nelle settimane immediatamente successive, con grande sorpresa dei familiari, giunsero alla stazione ferroviaria di Apice (BN) – ma vicinissima a Bonito – numerose casse contenenti tutti i documenti, le foto, gli appunti manoscritti, le partiture, gli articoli di giornale, gli effetti personali e addirittura gli strumenti musicali del Maestro Buongiorno, raccolti e inviati all’attonita famiglia dal diplomatico conte Stefano de Asarta e dal barone Valbella, suoi vecchi amici. Dopo più di centodieci anni, quindi, tutti i ricordi arrivati dalla Germania sono attualmente in parte custoditi dai nuovi eredi, presso il palazzo di famiglia a Bonito, e in parte a Genova presso la famiglia Santamaria, discendente da una delle figlie del musicista. Pertanto, tutti coloro che volessero avvicinarsi a questo poco noto musicista per conoscerlo più da vicino, vedere i suoi strumenti musicali e i suoi ricordi, sono invitati a recarsi a Bonito in via Roma. Troveranno, oltre ai ricordi del musicista, anche numerose pietre romane – certamente provenienti da Eclano – regolarmente catalogate dalla Soprintendenza. Furono acquistate da Rosaria Buongiorno presso la famiglia Cassitto, negli ultimi anni del XIX secolo, durante l’epilogo di questa importante famiglia che tramite gli ultimi eredi, liquidò oltre al palazzo, mobili, libri, suppellettili e numerosissimi pezzi del famoso Museo archeologico che con passione avevano costituito. Si tratta di iscrizioni, capitelli, frammenti di statue e di trabeazioni. Ce n’è di motivi, quindi, per recarsi a Bonito, fare una visita alla casa e tuffarsi indietro nel tempo, tra antichità, botanica, musica, spartiti ed antiche fotografie. Buongiorno e Puccini Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Valerio Massimo Miletti Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Rino Genovese: “A la... Articolo Successivo Iarrobino: “Non so s...