Di Valerio Massimo Miletti Luoghi, Territorio 23 novembre 2020 Per più di cinque secoli capoluogo del Principato Ultra, Montefusco è un paese dalle antiche origini e dalla posizione dominante. Sembra che le prime fortificazioni si possano far risalire al IX secolo, in periodo longobardo, magari su di un castrum precedente. Le lotte tra Longobardi, Bizantini e Saraceni, prima, e poi nell’849 la Divisio Ducatus Beneventani – divisione del ducato longobardo di Benevento – che originò il principato di Salerno, dettero vita al fenomeno cosiddetto “dell’incastellamento”, ovvero la nascita della necessità di creare costruzioni di difesa. Con molta probabilità fu così che nacque Montefusco, che dall’alto dei suoi 707 metri sul livello del mare, fu inserito nella cerchia a difesa del Ducato di Benevento. Ma solo nel 1114 inizia la sua storia scritta. A farne menzione per primo è il famoso Falcone Beneventano, notaio, cancelliere e dal 1133 giudice di Benevento, nel suo “Chronicon”, in cui è descritta molta della storia di Benevento spesso in antagonismo con Montefusco, soprattutto in periodo normanno e svevo. Il nome utilizzato è Mons Fuscus (quindi oscuro, tenebroso, nascosto dalle nuvole), ma potrebbe esserci un errore di trascrizione in quanto il testo originale fu copiato da altri, che spesso incorrevano in errori o distrazioni. Resta incerta l’origine del nome, in quanto in un altro documento del 1127, in originale, viene nominato un abitante del castello de Monte Fusculi ovvero Monte di Foscolo, un personaggio romano o longobardo, o addirittura il probabile fondatore del paese e del suo castello. Alcuni studiosi hanno sostenuto, invece, che Montefusco in origine fosse la città sannitica di Fulsulae, di cui parla Tito Livio. Successivamente il nome avrebbe subito un’evoluzione poiché da Fulsulae, cioè splendente, sarebbe divenuta Fusculus, ovvero oscura, perché i fuochi dei templi sannitici si sarebbero spenti dopo le conquiste romane e la distruzione ad opera del console Fabio Massimo. Con l’arrivo di Ruggiero II il castello iniziò a fregiarsi del titolo di “castello regio” ovvero un edificio fortificato, posto in posizione particolarmente favorevole, dotato di consistente guarnigione militare; insomma una vera e propria unità territoriale con fisionomia giuridica tale da essere equiparato ad un comune, sotto il dominio diretto del re. Ruggiero II invogliò i feudatari ad edificare case intorno al castello da poter abitare in maniera stabile e tenere bene sotto controllo Benevento. La cittadina ormai “regia” iniziò anche a popolarsi di giudici e notai, segno inequivocabile di un’importanza superiore. ph. Giovanni Bocchino Il ruolo sempre più importante e strategico della cittadina, la porterà nei secoli successivi ad assumere il ruolo di capitale del Principato Ultra che terminò nel 1806, quando i francesi lo assegnarono ad Avellino. Molti furono i palazzi gentilizi che sorsero a Montefusco, così come molte furono le chiese. Palazzo Giordano si presenta fresco di restauro a cura di un competente e prestigioso Consorzio di San Leucio del Sannio. Con il prospetto laterale insiste su via Pirro de Luca, asse principale del paese, su cui si affaccia la maggior parte degli edifici gentilizi del XVII e XVIII secolo. Occupa un intero isolato, avendo il suo lato minore sulla piazzetta antistante l’ingresso della chiesa Palatina di San Giovanni del Vaglio, attraverso il quale i componenti della famiglia avevano l’esclusivo diritto di passaggio. Presenta un bel portale in pietra attraverso cui si accede ad un cortile dalla classica pavimentazione a ciottoli e quindi al giardino. Qui una scala a doppia rampa conduce al primo piano composto da svariati ambienti, tra cui grandi saloni con soffitti decorati con motivi neoclassici e scene mitologiche. Stanze più piccole, invece, presentano decorazioni floreali e paesaggi innaturali. Ovviamente queste pitture presentavano gravi problemi di conservazione a causa dell’umidità dovuta alle infiltrazioni. Il restauro ha recuperato gli elementi di pregio ed ha ripreso le parti fatiscenti e compromesse dall’abbandono di decenni. Sul muro di fondo dell’androne si trova lo stemma in pietra della famiglia Giordano, che rappresenta due leoni rampanti con al centro una palma. Intorno vi si legge: Onofrius Giordanus 1613 ovvero il nome del proprietario e la data di costruzione. Di proprietà comunale, viene utilizzato per eventi, attività culturali o mostre, come quella fotografica intitolata “Montefusco d’altri tempi”, nel maggio del 2018. Il Palazzo Ruggiero – de Antonellis, invece, presenta addirittura alcune parti che sembrino risalire al XIII secolo. Internamente presenta una bella scala in pietra che giunge fino ad una elegante loggetta rinascimentale a sei archi, anch’essi in pietra, offrendo un effetto davvero scenografico. L’edificio si trova in piazza Castello su cui si affacciano la chiesa di San Giovanni del Vaglio, la Torre civica ed il castello. Conserva un bel pozzo-cisterna. I Ruggiero abitarono il palazzo nella seconda metà del XVIII secolo, non lasciando più tracce successivamente, ipotizzando un loro trasferimento altrove o un’estinzione dovuta alla mancanza di discendenti maschi. Subito dopo, infatti, ad essere proprietari dell’edificio risultano i baroni de Antonellis. L’edificio è conosciuto anche come Palazzo Pironti, in quanto nel 1852 vi abitarono per breve periodo i congiunti di Michele Pironti, prigioniero politico a Montefusco, che intesero così essere più vicini al loro caro. Il promotore dei moti liberali contro il governo borbonico ebbe come illustri ma sventurati compagni di cella, Luigi Settembrini e Carlo Poerio. Il castello-carcere di Montefusco è stato già oggetto di un articolo su questa rivista a fine 2016 e pertanto non verrà trattato ancora. Palazzo Aggiutorio – Renzullo è piuttosto malandato esternamente, ma trasuda signorilità ed un antico splendore. Dal cortile d’ingresso si accede ad una scala in pietra che conduce al primo piano, che presenta alcuni archetti a tutto sesto in muratura. Apparteneva ad una delle maggiori famiglie di Montefusco, gli Aggiutorio, che tuttavia cadde in bassa fortuna nel corso dell’800, cedendo il palazzo ai Renzullo che poi, trasferitisi a Napoli, lo lasciarono in abbandono. Agli inizi del XVIII secolo, sull’edificio vi era sistemato un orologio con campana, a causa dell’inagibilità del campanile della vicina chiesa. Palazzo Danza – Caldarazzo è ancora un altro dei palazzi locali, dimora del noto Eliseo Danza. Giureconsulto ed autore di trattati giuridici, Eliseo Danza passò alla storia come “l’avvocato dei poveri” nella Gran Corte della Vicaria di Napoli. Nato nel 1584, si laureò nel 1612 ed esercitò brillantemente la sua professione, difendendo anche la sua città in alcune vicende legate alle franchigie concesse ai commercianti. Patrocinò l’erezione di un monastero di terziarie domenicane e fu membro dell’Accademia degli Offuscati, secondo una moda del tempo che vedeva grande diffusione di questi sodalizi. Attualmente l’edificio si divide in due parti ma ragionevoli motivazioni inducono a pensare che inizialmente la proprietà fosse unica, anche per la presenza da sempre di un passaggio interno. La parte attualmente di proprietà Caldarazzo conserva meglio la struttura antica con giardino panoramico, scala in pietra ed antichi reperti. Il Palazzo Corte baronale risale al XVII secolo e risulta chiuso e abbandonato. Presenta sulla bassa facciata alcune colonne incassate ed una lapide che ricorda la figura di Pirro Giovanni De Luca. Letterato, giurista e primo presidente della Corte di Cassazione, abitò in questa casa insieme alla sua famiglia che aveva perso quella di origine a causa “delle lotte per la libertà”. E qui il pensiero va subito alla rivoluzione partenopea o ai Moti Carbonari, per la partecipazione ai quali, spesso si incorreva nella confisca dei beni o in multe salate che obbligavano i destinatari della sanzione a vendere la proprietà per farvi fronte. De Luca si spense il 16 luglio del 1897 all’età di 79 anni ed il Consiglio comunale, l’anno successivo, ritenne opportuno ricordarne le indiscusse qualità. Importanti ed antichi anche i Palazzi Guacci ed Urciuoli, e degno di nota è ancora il Palazzo degli Aggiutorio, oggi di proprietà dei de Iulio, con scale in pietra e grandi sale dalle volte affrescate. Palazzo Regina fronteggia piazza Morosini, con scala in pietra, due pilastri nel giardino ed archi inseriti nelle mura perimetrali. E’ disabitato per la maggior parte dell’anno ma è molto ben tenuto. Numerose, dicevamo, anche le chiese. La chiesa di San Giovanni del Vaglio è chiesa parrocchiale dal 1948 ma è una chiesa tra le più antiche del paese. Cappella Palatina già dal XIV secolo, funzionò da cappella per la guarnigione del castello per un periodo imprecisato e nel 1460 divenne Collegiata, dipendendo non dall’arcivescovo di Benevento, ma dal Cappellano Maggiore di Napoli. Fu completamente restaurata dopo il terremoto del 1688, su sollecitazioni del cardinale Orsini, e successivamente dopo il 1858. La chiesa è ampia, a tre navate con quattordici colonne di travertino ed inizialmente aveva la facciata principale sul lato lungo, cioè quello che si rivolge sulla piazza. Entrando, sulla destra, si può ammirare il fonte battesimale in pietra, mentre le cappelle laterali sono tutte in stile barocco, con stucchi e affreschi settecenteschi. Importante la Cappella della Santa Spina, separata dalla chiesa da una vetrata e con un ricco altare in marmo. Incerto il donatore di questa importante reliquia. Il campanile, invece, costruito nel 1541, a seguito dei grossi lavori di ricostruzione del 1688, restò fuori della chiesa, proprio così come lo vediamo oggi. La chiesa di San Francesco fu dedicata al santo di Assisi nel XVI secolo, ma esisteva sin dal secolo XIII dedicata alla SS. Trinità e di dimensioni più ridotte. Fu distrutta da un fulmine nel 1695 e ricostruita nella conformazione attuale. Di forma rettangolare, ad unica navata, custodisce un bel coro ligneo. L’altare maggiore è abbellito da un magnifico paliotto, ma vi sono anche sei altari laterali e molti pregevoli dipinti su tela che ritraggono santi francescani o altri soggetti sacri, come l’Incoronazione di spine, sicuramente perché la chiesa custodì la reliquia della Santa Spina per molti secoli, fino al 1861. ph. Giovanni Bocchino A poca distanza da questa chiesa, si trova l’Oratorio di San Giacomo. In origine questo luogo fu la cripta della chiesa parrocchiale di Santa Maria della Piazza, mentre successivamente, nel 1652, divenne cappella della Confraternita di San Giacomo. A cura della Confraternita fu affrescata nella seconda metà del XVII secolo, purtroppo da autore ignoto, con scene della vita e dei miracoli di Gesù, di Maria ed immagini di santi e papi. Tuttavia gli esperti ritengono che l’affresco raffigurante Santa Caterina d’Alessandria, situato in fondo alla cripta, sia antecedente e possa risalire addirittura al XII-XIII secolo. La chiesa di San Bartolomeo si trova nelle immediate vicinanze della Porta omonima, alla periferia del paese, ed è quasi sicuramente quella più antica (XI secolo). Molto piccola, anzi, la più piccola delle chiese di Montefusco (e sembra addirittura d’Europa), fu inizialmente sede parrocchiale e non subì danni rilevanti con il sisma del 1688. Ad un’unica navata, presenta un campanile centrale, sulla verticale della porta d’ingresso, con due campane collocate in due vani aperti, con voltina a sesto acuto. Sulla porta si trova una deliziosa lunetta in maiolica raffigurante la Madonna. Fino a pochi anni fa, esternamente si presentava in pietra, mentre adesso è stata restaurata di recente ed intonacata, perdendo un po’ il suo fascino. Discorso a parte meriterebbe il Convento di Sant’Egidio, la cui chiesa dedicata a Maria SS. Delle Grazie, fu riconsacrata dal cardinale Orsini nel 1692. Scrigno di numerosi tesori d’arte tra tele e statue, dal 1900 è passato dai Cappuccini di Napoli a quelli della provincia di Foggia e S. Angelo che lo utilizzano come casa di formazione per giovani frati. E’ famoso, infatti, per aver ospitato anche un giovane Pio da Pietrelcina, studente di teologia, nel 1908. Ancora adesso si può visitare quella che fu la sua cella, piccola e spoglia. Nel piazzale antistante, nel 1987, fu eretto un monumento in suo onore. Così come si accenna solo alla Chiesa-Santuario del Carmine, eretta intorno al 1770, nei cui pressi vi era addirittura anche un piccolo convento di Carmelitani che divulgarono il culto per la Vergine del Carmelo, già preesistente. Nel 1855 l’epidemia di colera che colpì le nostre terre, causò moltissime vittime. A Montefusco ci furono centoventi morti in una ventina di giorni e fu così che la popolazione si affrettò a partecipare ad una processione devozionale organizzata per il 21 novembre. L’epidemia si attenuò davvero e fu così che questa processione fu resa un appuntamento fisso, con canti dedicati alla Madonna del Carmine, ad opera di autori locali. In piazza Castello si trova la chiesa e il convento di Santa Caterina da Siena, un tempo convento di clausura frequentato dalle fanciulle delle migliori famiglie, agiate o aristocratiche che, per vocazione o costrizione, vi trascorsero la loro vita. La chiesa presenta una sola navata con volta a botte e conserva un bellissimo dipinto della Madonna Incoronata ed un’altra tela raffigurante il Sacro Cuore. Montefusco resta, pertanto, uno dei paesi più interessanti della nostra Irpinia e merita senza ombra di dubbio una visita accurata, non trascurando i bellissimi panorami che si godono dalle sue strade. E’ anche centro notissimo per l’antica tradizione della lavorazione del tombolo o pizzillo come viene chiamato localmente. Le suore furono grandi maestre nella realizzazione di questi merletti, mentre successivamente si aprirono laboratori veri e propri. Tuttora viene praticata questa difficilissima arte, destinata agli usi più svariati, contrariamente al secolo scorso quando era indirizzata prevalentemente ai corredi importanti e ai paramenti sacri. Montefusco vi aspetta con un mix di storia, arte, cultura, natura incontaminata ed un buon vino, il Greco di Tufo, nel cui comprensorio il paese ricade. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Valerio Massimo Miletti Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Tufo, la capitale de... Articolo Successivo Laura Sangenito, cen...