Di Veronica di Furia Cultura, Spettacolo interviste, musica, spettacolo, vocazione territoriale, xd magazine 8 settembre 2017 Una musica che punta al cuore dell’ascoltatore. Una musica alla quale tendere la mano per lasciarsi trasportare lontano ad occhi chiusi. Tra note colte e popular, passando per la musica classica, le composizioni di Renato Fucci vi conquisteranno. Diplomato in Organo, in Composizione e direzione corale, infine in Direzione di banda al Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, il maestro Renato Fucci presenta a Xd Magazine il suo primo lavoro da solista, Primidimaggio. Un “poema per pianoforte”, come definito dall’autore, ispirato a una sua esperienza irpina dalla quale è nato un racconto che fa da linea-guida all’opera. L’album è composto da nove brani per pianoforte solo, tra minimalismo contemporaneo e piena melodia mediterranea, che superano il contesto territoriale per dare vita a un nuovo lirismo romantico in grado di comunicare con le generazioni contemporanee e future. Come nasce la sua passione per la musica e, soprattutto, per il pianoforte? Nasce in maniera semplice e spontanea. Come capita a ognuno di noi in età adolescenziale, l’amico/compagno di turno ti stimola a fargli compagnia in un percorso artistico. Il percorso delle “scoperte”, quelle profonde ed espressive dell’anima, quelle che bussano alla porta dell’espressionismo introspettivo, quelle che ti aprono al mondo, cercando un canale per comunicare con le generazioni future lasciando traccia indelebile della tua sensibilità. Le prime note al pianoforte che hanno catturato la mia attenzione, come capita spesso nei piccoli centri, le ho sentite suonare da artisti locali (organisti parrocchiali) i quali hanno svegliato corde della mia sensibilità che ancora non conoscevo. Lei ha diretto per diversi anni cori di voci bianche e polifoniche. Come nasce l’idea di realizzare un disco proprio? L’idea di realizzare un disco nasce da un mio profondo e vecchio desiderio, fin da quando ero studente, di scrivere un’opera pianistica originale che fosse in grado di comunicare con le generazioni future senza tralasciare quelle passate, instancabili maestre di vita. Provengo dal mondo della polifonia corale, della cultura organistica, quella nata nel Seicento. Misurarmi, quindi, con la letteratura pianistica moderna e affrontare una tecnica compositiva che si è sviluppata con il Romanticismo ottocentesco, rappresentava per me una sorta di sfida, un ostacolo da superare. Il pianoforte è uno strumento relativamente giovane con una funzione sociale legata ai salotti borghesi. Dunque musica d’ascolto o d’intrattenimento. La cantabilità della melodia è più che mai fondamentale. Ottantotto corde da far vibrare senza trascurarne una! Ho da sempre “giocato” con il pianoforte considerandolo un amico con il quale sfogarsi, confidarsi, raccontare ogni segreto. Per questo lo sento profondamente mio. Ed ecco che ad un certo punto della propria vita le cose accadono senza che te lo aspetti. Vengono da sole. Come se fossero già lì ad aspettare che gli apra la porta dell’anima consentendole di sedersi alla poltrona del tuo destino. Le storie che mi accompagnano, nel bene e nel male, le trasformo in opere da raccontare, in suoni ed emozioni da condividere con il mio pubblico. Cosa le hanno insegnato professionalmente e umanamente gli anni del Conservatorio? La formazione musicale è fondamentale, per tutti i musicisti, al fine di acquisire la tecnica che ti consente di interagire con l’ascoltatore, da quello più colto a quello più semplice. Provengo dal Cimarosa di Avellino dove ho studiato organo. Ma gli anni che hanno dato una svolta decisionale al mio percorso musicale, sia come compositore che come esecutore, sono stati gli ultimi. Dal 2013 al 2015, in età matura, ho conseguito due lauree al San Pietro a Maiella di Napoli dove ho avuto modo di conoscere e interagire con un mondo musicale di un profilo culturale stimolante. Qui è nata “Gli amanti del carro”, la mia prima opera musicale dedicata alle tradizioni culturali del mio paese natale. Opera complessa e articolata che vede coinvolte autorità politiche e religiose in un intrigo amoroso che, come tutte le opere del periodo verista, si concluderà tragicamente. La prima parte della storia è raccontata da un poema sinfonico che narra in musica la vicende e il trasporto del Carro che puntualmente avviene ogni anno il 14 agosto. Precede “Gli amanti” un’importante Messa polifonica per solisti, coro e orchestra mai eseguita in pubblico. Nell’aprile del 2011 ho eseguito con il coro polifonico di Fontanarosa, che allora dirigevo, e quello di Montemiletto diretto da P. Cassano, un’altra importante messa parrocchiale che scrissi in occasione della Pasqua e dedicata all’allora Vescovo Marino. Il suo ultimo lavoro è “Primidimaggio”, a cosa si è ispirato? É un racconto di storie personali, intime, che si mescola in maniera sinergica al mondo dell’onirico, del fantastico, che vede protagonista un uomo definito “strano” per le troppe domande che improvvisamente si pone e la ricerca ossessiva della felicità e dei cosiddetti “pensieri felici”. Lei ha dichiarato che il “Il paesaggio descritto e raccontato nell’opera è rappresentato in un viaggio, che dura un giorno, dall’alba al tramonto. Esso viene affrontano nel cuore dell’alta Irpinia là dove nasce il Fiume, quello che nutre la nostra millenaria cultura di gente legata alla terra: il Calore”. Come definirebbe il rapporto con la sua terra d’origine, l’Irpinia? L’uomo strano è in balia della perdizione. È intriso di domande senza risposte e di strade per troppo tempo lasciate inesplorate. Ha ormai aggrovigliato fino all’inverosimile il gomitolo della sua vita e ora è giunto il momento di sgrovigliarlo pazientemente. Decide, per questo, di intraprendere un viaggio. Un viaggio relativamente breve che egli affronta nell’arco di una giornata, un po’ come fa Dante nella Divina commedia in un luogo reale ben circoscritto. Si incammina alle sorgenti del fiume Calore là dove nasce la vita. Si affida alla saggezza secolare del sapiente corso d’acqua che da millenni nutre le nostre amate terre. Terre fatte di storie amare, di storie di cui solo Lui detiene il segreto. Durante il percorso sarà guidato dalla Luna, faro luminoso della nostra vita. Incontra divinità delle acque, parla con il fiume, affronta la cattiveria della lupa, fino a raggiunge, dopo il sogno premonitore, fatto alle radici di un vecchio albero, e guidato dalla danza delle nuvole, il luogo della felicità. Esso è rappresentato da quel l’angolo dei pensieri felici che io definisco “Trapezio” e si producono quando si riesce ad apprezzare il “bello del niente”. Nulla è scontato, nulla è certo, ogni cosa va apprezzata per quello che la natura le ha donato. Quali sono gli autori o comunque gli stili musicali a cui si è ispirato per scrivere quello che si può considerare un moderno poema sinfonico per pianoforte? I brani, tutti caratterizzati da un forte trasporto melodico sentono l’influenza di diversi stili musicali. Dal minimalismo melodico, con contaminazioni della Popular music, si pensi a Steve Reich, Philip Glass, Michael Nyman, Yann Tiersen, Wim Mertens, e il nostro Ludovico Einaudi, fino all’impressionismo musicale legato a Debussy, Rachmaninov e Satie. Non mancano ritmi sincopati provenienti dal R&B e dal Blues. Insomma una musica ricca di emozioni, di sensazioni, di ricordi passionali e di un mondo immaginario legato ad ambienti naturali ben descritto dalle note del pianoforte. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Veronica di Furia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Zirma Cine Lab: a Tr... Articolo Successivo Vernicefresca: la qu...