Di Andrea Massaro Storia, Territorio storia, territorio, vocazione territoriale, xd magazine 29 gennaio 2018 Uno dei libri più interessanti per conoscere il mondo delle fiabe rimane sicuramente il capolavoro prodotto dal letterato Giambattista Basile (Giugliano (NA), 1566 – 1632). Come è noto, il libro è conosciuto anche col titolo de “Il Pentamerone” e si compone di cinquanta racconti narrati da dieci donne in cinque giorni. L’opera ha avuto, in circa quattro secoli, un successo enorme e la sua traduzione è avvenuta in moltissime lingue dei cinque continenti. Le fiabe del Basile hanno, successivamente, ispirato molti altri scrittori, i quali hanno elaborato i suoi più noti testi e raccontato intramontabili fiabe, come “La gatta Cenerentola”, il “Gatto con gli stivali”, La “Bella addormentata nel bosco” e numerosissime altre novelle proposte all’infanzia di tutto il mondo. Non a caso il libro è conosciuto anche con l’inequivocabile titolo “Lo trattenemiento de piccerilli”. Le mille avventure che hanno per protagonisti molti personaggi del mondo fatato, coinvolge anche un vasto campionario di personaggi vissuti tra la fine del Cinquecento ed i primi decenni del Seicento nei remoti villaggi della Basilicata e della nostra Irpinia. Dotato di vasto intelletto e varia esperienza di vita vissuta da soldato di ventura e uomo di corte in vari stati italiani del suo tempo, ha elevato il dialetto napoletano al pregio di una lingua. Tutto il suo poema, infatti, è prodotto nella parlata del popolo della sua terra. Negli ultimi anni della sua vita è al servizio di vari nobili in qualità di governatore dei loro feudi. Nell’espletamento di tale onorevole e prestigioso incarico, oltre a toccare tanti luoghi, lo troviamo nel Principato Ultra impegnato per conto delle famiglie che hanno i loro feudi in Irpinia. Il Cavaliere Basile, che si avvale anche del titolo di conte di Torone, presterà la sua opera a Montemarano nel 1615. L’anno dopo si porta a Zungoli per amministrare il feudo di Cecco di Loffredo, marchese di Trevico. Ma il periodo aureo della sua attività di Governatore e Letterato inizia nel 1619, quando è chiamato dal Principe Marino Caracciolo che gli affida l’incarico di Governatore di Avellino. Nei due anni e più di permanenza nello sfarzoso castello di Avellino, già assurto a corte rinascimentale durante il periodo della contessa Maria de Cardona, Giambattista Basile si produsse in molte opere per rendere liete e gioiose le feste che si tenevano nell’antico maniero. Inoltre, si produsse con tutta la sua vitalità in occasione della sfarzosa processione e della relativa fiera che si teneva in Avellino per la festività del Santo Patrone, S.Modestino. Molti riferimenti che s’incontrano nella sua opera denotano un’affinità singolare con il dialetto irpino, il ragionamento dei suoi abitanti, l’arguzia di molti e la semplicità dei più sprovveduti “pacchiani”. Anche la cucina, citata più volte nel “Pentamerone”, ricorda noti piatti tradizionali, come la “minestra maritata”, per la penna del brillante Cavaliere il “pignato maritato”, piatto particolarmente dallo stesso gradito. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Andrea Massaro Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Rumiz: “Appia, la vi... Articolo Successivo A Grottaminarda la p...