Di Valerio Massimo Miletti Luoghi, Territorio 11 gennaio 2021 Risale alla fine dell’VIII secolo, ai tempi di Arechi II principe longobardo di Benevento, l’origine di Grottaminarda, l’antica Cripta, composta inizialmente dalla grotta di Sant’Angelo, dal rione Fratta e dal castello. In quel tempo, infatti, i signori longobardi cercavano di popolare la valle dell’Ufita invogliando i coloni con condizioni molto favorevoli, consentendo di insediare forestieri e servi liberati sul territorio, affinché coltivassero le terre e si impegnassero a costruire un centro abitato. Non vi sono documenti scritti che riguardano la nascita di questa piccola località, ma è in questo periodo che sorsero anche numerosi altri centri abitati fortificati, come Ariano, Trevico, Frigento, Carife, Vallata, ad opera di signori longobardi, con l’intento di rendersi autonomi dal principe di Benevento. Comunque l’antico nome di Cripta si trova documentato per la prima volta nel 991. ph. Giovanni Bocchino Il castello di Grottaminarda sorse con una forma quasi trapezoidale, tipica dei castelli longobardi e fu costruito impiegando ciottoli di fiume di piccole dimensioni. La parte posteriore fu rivolta ad ovest, dove scorre il “vallone” Palombara, ed aveva agli angoli due torri, una circolare alta circa 14 metri, ed una quadrata di cui, però, sono rimasti solo la massiccia base scarpata ed i camminamenti inferiori. Il lato anteriore, invece, fu rivolto verso la collina, dove si sviluppò l’antico paese, e presentava agli estremi altre due torri con base a scarpa, una circolare ed abitabile, rivolta verso la chiesa di S. Maria Maggiore, e l’altra esagonale, più imponente, che sporgeva sull’antico rione medievale della Fratta. Il castello, quindi, risultava strutturato in maniera tale da dare l’impressione di svolgere due diverse funzioni: la parte rivolta verso la valle ed Ariano, con torri più massicce e ricche di camminamenti, certamente aveva destinazione più militare e di difesa del centro abitato; la parte occidentale, meno esposta ai pericoli, con torri circolari ed abitabili, una funzione residenziale per il Signore e la sua famiglia. Nella parte superiore vi era un’area tutta terrazzata, probabilmente destinata agli acquartieramenti dei soldati, e sotto di essa, invece, grandi spazi vuoti a più livelli, sorretti da volte a botte e piene di cunicoli, probabilmente utilizzati per il riparo della gente in fuga dalle incursioni di saraceni e bizantini. Il primo signore di Grottaminarda e abitante del suo castello, intorno al 1077, fu il normanno Trogisio, compagno di lotte di Roberto il Guiscardo e soprannominato il Mainardo perché proveniente dalla regione francese del Maine. I tempi, però, erano davvero burrascosi con continue lotte e proteste soffocate nel sangue e, dopo la rivolta dei baroni contro il re iniziata nel 1130, e la successiva sconfitta dei rivoltosi da parte di re Ruggero, il barone Trogisio fu privato dei suoi beni, che in parte furono assegnati ai d’Aquino, con i quali ebbe inizio per il paese il secolare dominio della famiglia di San Tommaso, durato quasi fino alla metà del 1500. Il castello in questi secoli ebbe sempre più funzione militare, per l’addestramento dei soldati, pronti a partire quando le necessità lo richiedessero, mentre i sotterranei, pieni di tini, botti e cassoni per il grano, venivano utilizzati per conservare i prodotti della terra, affittata ai contadini. ph. Giovanni Bocchino Ad opera di Ladislao d’Aquino, intorno al 1497, subì delle modifiche e fu fortificato con la costruzione di un nuovo tratto di mura, con archi e contrafforti in pietra bianca lavorata a forma di cuneo, che scendevano lungo il ciglio scosceso del vallone, e che formavano uno spigolo sporgente, su cui venne a crearsi un ampio terrazzo di forma triangolare. Tuttavia, fortificato nella parte posteriore, il castello si presentava più debole nella parete anteriore, quella che dava verso il paese. Quindi fu realizzato il fossato con il ponte levatoio, nonostante a far da difesa vi fosse la cinta muraria del paese e fu costruito anche un palazzo signorile tra le due torri, attaccato alla cortina anteriore del castello. Il maniero, poi, subì altri adattamenti nei secoli successivi in cui si avvicendarono numerosi feudatari: i Loffredo marchesi di Trevico, i Cosso, i duchi della Cornea, i della Posta e i duchi Coscia. Anche i terremoti, vero flagello delle nostre zone, fecero la loro parte e il castello fu danneggiato dal sisma del 1694, da quello del 1702 e del 1732. Notevoli furono i danni alle sue antiche strutture ed anche il palazzo ducale crollò interamente. Fu riparato e ricostruito solo nel 1754, quando il duca Coscia autorizzò per iscritto il suo ex erario Buonopane, a spendere 793 ducati per sistemarne a dovere alcune stanze, là dove dimorava in fitto. Lo stesso duca, inoltre, nel 1808, vendette case, palazzo ducale e castello a Filippo Buonopane appartenente ad una delle famiglie più in vista e potenti del paese. Da allora restò di loro proprietà sino al 1988, anno in cui fu acquistato dal Comune, completamente vuoto e privato di qualunque arredo o suppellettile e anche molto danneggiato dai tre terremoti del XX secolo. Rimase chiuso per alcuni anni, ma poi furono avviati i lavori necessari per il ripristino dell’antica struttura, in seguito all’elaborazione di un progetto di recupero a cura dell’ufficio tecnico del Comune, di concerto con la Sovrintendenza. Appena terminati i lavori, ci si rese subito conto che il castello aveva recuperato il suo aspetto maestoso ed austero, tutto in pietra esternamente, ma ben riorganizzato e moderno internamente. Dal maggio 2003 è stato sede di un Centro nazionale di Studi sismologici e di Ingegneria sismica, dipendente dall’Istituto nazionale di Geofisica. Attualmente, invece, dopo il trasferimento in altra sede del Centro sismologico, ospita già dal 2009 il Museo Antiquarium comunale, ricco di importanti reperti archeologici ritrovati in zona, e la Biblioteca. Interessante una sezione moderna dedicata alle cartoline, ma che conserva anche utensili della civiltà contadina ed oggetti di vita quotidiana. Molto belle ed interessanti anche alcune opere d’arte provenienti da chiese distrutte o in disuso. ph. Giovanni Bocchino Il Museo è intitolato a Filippo Buonopane che fu appassionato di archeologia, secondo una moda allora molto in voga, e fu in corrispondenza, così come altri appassionati di altri paesi, con il famoso archeologo tedesco Theodor Mommsen. Costui venne in Irpinia nel 1845 per visitare gli scavi dell’antica Abellinum e poi quelli di Aeclanum ed aveva in preparazione la sua opera “Inscriptiones Regni Neapolitani Latinae”, pubblicata a Lipsia nel 1852. La Biblioteca, invece, è intitolata ad Osvaldo Sanini, poeta internato politico a Grottaminarda dal 1940, e contiene numerosi ed interessanti volumi di tutti i generi. In alcune sale sottoposte, il castello ospita anche un Caffè letterario con locali in pietra a vista, molto suggestivi e ben gestiti, con mostre fotografiche e locandine che pubblicizzano gli eventi man mano organizzati (purtroppo non in questo difficile periodo). Complimenti, quindi, a Grottaminarda che ha saputo recuperare e valorizzare un edificio storico così importante ed inserirlo, nel contempo, in un contesto moderno ed utile per i cittadini e per tutto il comprensorio. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Valerio Massimo Miletti Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente LE RAGAZZE DI CUPIDO... Articolo Successivo Guardia Lombardi, il...