Di admin Editoriali editoriale, vocazione territoriale 5 dicembre 2016 La resilienza è una nuova forma di resistenza e persistenza a un’esistenza sempre più complessa e glocal. Nell’éra della contaminazione a più livelli, di un melting pot addolcito, piegarsi docilmente ad eventi e ambienti anche ostici fa tendenza, e pure la differenza in un mondo che va sempre più veloce e mischia sensazioni e sentimenti, emozioni e percezioni come in un caleidoscopio impazzito che riesce a trovare comunque un equilibrio giusto. Il termine deriva dal latino resilire, significa “saltare indietro, rimbalzare” , e i suoi significati oggi sono molteplici. In informatica, ad esempio, si tratta della capacità di un sistema di adattarsi all’usura per garantire il funzionamento dei servizi pattuiti, oppure la flessibilità necessaria per assumere nuovi comportamenti se quelli precedenti non sono adatti allo scopo. In psicologia, invece, la resilienza è la capacità umana di adattarsi alle sorprese come agli urti della vita. In ecologia,infine, è la velocità con cui una comunità biotica è in grado di ripristinare la sua stabilità se sottoposta a perturbazioni. La parola chiave dell’ultimo numero di un anno intenso non è casuale, ed è nel contempo la chiave di lettura di una realtà che può apparire semplice o composita a seconda dei punti di vista del lettore-spettatore di una vivacità sociale unica nel suo genere. La comunità irpina è resiliente per eccellenza, ed è un esempio concreto di chi è riuscito ad adattare le asperità di un territorio alle sue esigenze e a ricavarne risorse. E’ un gene presente nel DNA delle genti del Sud. E’ tipicità del carattere di chi non si piega ma si forgia, e dalle avversità riesce a ricavare positività. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest admin Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Successivo La rinascita...