Di Valerio Massimo Miletti Luoghi, Territorio 9 agosto 2021 In territorio di Cerreto Sannita (BN) – tra le località Cese e Cerro – vi è un curioso ed interessante macigno di pietra, chiamato Morgia Sant’Angelo o anche “la leonessa”. Ciò è dovuto alla sua particolare forma zoomorfa che richiama alla mente immediatamente questo fiero animale. Si trova in un luogo di particolare interesse storico, in quanto nell’area circostante vi è un insediamento preistorico che restò abitato a lungo. Successivamente, infatti, anche i Longobardi intorno al 700 d.C. usarono questo sito, adibendo la piccola grotta naturale che è alla base della roccia, a luogo per il culto di San Michele Arcangelo. E’ un’area di grande importanza sotto il profilo geologico, religioso e storico. Questa pietra, che volge le spalle al Monte Coppo, è costituita da diversi banchi di sedimenti miocenici (formatisi tra i 23 ed i 5 milioni di anni fa) ed ha assunto questo aspetto in maniera naturale e casuale, grazie all’erosione provocata dagli agenti atmosferici nel corso dei millenni. Si trova in un contesto panoramico da mozzare il fiato, offrendo un punto di vista eccezionale sull’alta Valle del Titerno e sulla Valle Telesina. In fondo si può vedere il monte Acero, a destra il monte Erbano (noto anche per l’intricante leggenda della janara Erbanina), a sinistra il massiccio del Taburno, mentre volge lo sguardo verso le ripide Ripe del Corvo. Quest’ultime sono una lunga muraglia di pareti rocciose solcate da canaloni scavati dalla forza dell’acqua e dal susseguirsi dell’azione di geli e disgeli. Le dimensioni della “leonessa” sono di tutto rispetto: 35 metri la lunghezza del fianco, 18 metri la lunghezza della testa, 35 metri l’altezza totale, 97 metri la circonferenza. Con molta probabilità si è staccata proprio dalle Ripe del Corvo subendo man mano uno slittamento sui terreni argillosi caratteristici della zona. Da alcuni superstiziosi è chiamata anche “il masso delle streghe”, con riferimento alla fama che la città di Benevento possiede da tempo immemorabile, ovvero quella di essere il paese delle streghe. Anche la grotta che si trova al suo interno, sembra si sia formata in maniera naturale, cioè grazie all’erosione delle acque, al cedimento del terreno e alla spaccatura degli strati di calcare. Gli scavi che portarono alla luce le testimonianze preistoriche iniziarono alla fine del XIX secolo, mettendo in evidenza un sarcofago al cui interno fu ritrovata una lancia in bronzo, dei pezzi di legno bruciato, un’ascia, dei frammenti di ossa ed altri oggetti funerari che venivano solitamente seppelliti insieme al cadavere. E ancora furono ritrovate ossa di animali e frammenti di cocci lavorati a mano, un’ascia in bronzo, monili, punte di lancia, nonché resti di un forno arcaico dalla forma a ferro di cavallo. Il luogo aveva tutti i requisiti per ricoprire grande importanza strategica, in quanto era dominante sulle vallate sottostanti, era ricco di acqua e, non meno importante, la grotta offriva un riparo confortevole in caso di necessità. Come accennato, in seguito anche i Longobardi usarono questo luogo per praticare il loro tipico culto, ovvero quello di San Michele, così come successe in altri siti della zona, quali Faicchio, Gioia Sannitica, Guardia Sanframondi o in tanti altri luoghi d’Italia. Alla fine del XV secolo sappiamo che nello stesso sito vi era stata ricavata una chiesa vera e propria e che nel 1524 vi fu sepolto il vescovo di Telese, Mons. Biagio Caropipe. Addirittura si sa anche che vi fosse un eremita a custodirla e che abitasse in una casetta costruita lì vicino. Ma purtroppo chiesa e tomba nel corso del tempo, anche a causa dell’isolamento in cui si trovavano, subirono profanazioni, finché Monsignor Pascale non ordinò la traslazione delle spoglie del vescovo nel sacrario del duomo di Cerreto, nel 1784, e la dissacrazione dell’edificio. Per un lungo periodo la chiesa fu addirittura adibita a ricovero di greggi e pastori. Ma nel 2000 la Comunità Montana del Titerno è riuscita a riqualificare il sito trasformandolo in una delle mete più interessanti del Matese. Provare per credere! Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Valerio Massimo Miletti Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente IL PONTE DI ANNIBALE... Articolo Successivo Ferdinando De Falco,...