Di Barbara Ciarcia Persone, Territorio 15 aprile 2023 A Lapio ogni giorno suona a mano le campane Per chi suona la campana? Per i lapiani suona ancora a mano, sia nei momenti di festa che in quelli funesti. E suona grazie a Giovanni Giglio, ultimo ‘campanaro’ d’Irpinia e nessuna voglia di andare in pensione. La sua è una storia di pace e non di guerra come quella raccontata da Hemingway nel celebre romanzo ambientato durante la guerra franchista nel 1940. Ogni giorno, da oltre tre decenni, a Lapio, piccolo borgo della Media Valle del Calore, famoso per essere la patria del Fiano docg e la terra dell’illuminista Gaetano Filangieri, le campane della chiesa della Confraternita della Madonna del Carmine suonano a distesa, e soprattutto grazie all’abilità manuale dell’anziano ‘campanaro’. Settantotto anni suonati, è il caso di dire, e nessuna voglia di cedere alla tentazione tecnologica del suono computerizzato delle campane. Giovanni Giglio è l’erede di una singolare tradizione locale e di una particolare devozione familiare verso la Vergine del Monte Carmelo. Tenendo fede all’ex voto fatto dalla bisnonna durante il primo conflitto mondiale (chiese la grazia alla Madonna di riavere sani e salvi tre figli spediti al fronte), Giglio ha ereditato dallo zio Dante la passione per il batacchio. E in un prossimo futuro sarà il nipotino omonimo di otto anni a seguire la tradizione di famiglia. Giovanni infatti lo porta spesso sul campanile non solo ad ammirare la bellezza del paesaggio quanto ad apprezzare il suono, stonato, delle vecchie campane d’ottone della Confraternita. Campane che grazie al tocco sapiente del signor Giglio risuonano per l’intera vallata. “Sono la sintesi della vita”, esclama il campanaro di Lapio. “Nel bene e nel male accompagnano le nostre giornate, scandiscono il ritmo della comunità”, continua ancora Giovanni Giglio mentre si inerpica su per il campanile a dare gli ultimi rintocchi della giornata che volge al termine. A Lapio quel suono è sintonizzato sulle corde del cuore di ogni abitante. Nessuno ormai riesce a fare a meno delle campane suonate a mano da decenni da Giovanni Giglio. Erminio, l’unico figlio, al contrario non si è appassionato all’antica tradizione familiare. “Ma apprezzo, e come, mio padre”, ha subito precisato. “Mio figlio invece continuerà sicuramente la tradizione”, ha poi aggiunto. Ed è senza dubbio una bellissima e originale tradizione di paese. Come sarebbero infatti i borghi irpini senza la melodia delle campane? Se lo chiedono tanti a Lapio. “Papà anche se ha un impegno è capace di rinviarlo pur di garantire i rintocchi giornalieri”, ha asserito sempre Erminio Giglio. “E’ un portento della natura”. Dopo aver lavorato una vita lontano dal borgo natale Giovanni è rientrato a Lapio e da allora si è dedicato interamente all’attività di campanaro a tempo pieno. Attività in via di estinzione, ma non a Lapio. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Barbara Ciarcia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente LE CIASPOLATE CONQUI... Articolo Successivo CONSIGLIO DELLE DON...