Di Donatella De Bartolomeis Cultura, Libri cultura, libri, vocazione territoriale, xd magazine 19 febbraio 2017 “Credo sia arrivato il momento di superare la storia e il nostro passato e iniziare a guardare all’Italia in mondo diverso e, soprattutto, condiviso”. Mi disse Fabio Pozzerle quando ci conoscemmo. E aggiunse “Mi piacerebbe presentare il mio libro nell’incantevole Complesso Castellare di Summonte. Voi avete la fortuna di avere dei luoghi meravigliosi.” Fabio, 47 anni, è un cittadino italiano nato a Soave di Porto Mantovano e trasferito un anno dopo in provincia di Verona. Ama la storia e l’arte classica, così come il progresso, la tecnologia e l’innovazione. Motivato da un forte impegno civico è entrato a far parte della Fiom Cgil di Verona nel 2005 e poi nella segreteria provinciale dal 2006. Nove anni intensi di attività sindacale sul territorio, anche nazionale. Un punto di vista privilegiato, il suo, un apprendistato continuo con quasi un milione di chilometri percorsi, molti dei quali al sud. Il libro “Il fazzoletto di terra” parte proprio dal racconto della sua vita, vita che l’autore mette coraggiosamente a nudo. Un’esistenza tortuosa e densa d’avvenimenti tragicomici al punto tale da renderla un romanzo, dove il suo vissuto va ad intrecciarsi con le vite delle persone che sono cresciute e tutt’ora abitano nei dintorni del suo incedere quotidiano. Tutto questo trasforma il nostro autore in un instancabile viandante su un sentiero infinito, in marcia per un viaggio ancora in corso. Ogni storia ha un incipit e una scintilla che le dà vita. La storia di Pozzerle nasce nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia quando Fabio fece una scoperta importante. Un tarlo gli si insinuò nel cervello con tanta invadenza che ancora oggi fa sentire la sua voce. In quell’anno l’autore si imbattè in una cartina del 1861 che Cavour aveva commissionato a scopo didattico e che raffigura l’Italia. La particolarità della piantina è che è inquadrata a testa in giù: il nord con le sue belle Alpi giù, in fondo alla carta e la punta dello stivale a nord-est. L’obiettivo di Benso era cancellare così ogni differenza per arrivare a fare gli italiani. Oggi come allora quella cartina segna il punto da dove ripartire: il Mediterraneo. Noi che siamo abituati a guardare sempre all’Europa, soprattutto quando parliamo di economia non ci accorgiamo che la vera ricchezza e in quell’immensa distesa d’acqua e nei paesi che vi si affacciano. Quel mare costituisce il nostro posto nel mondo come popolo. Un popolo purtroppo ancora fermo alle divisioni del 1861, divisioni che si sono accentuate nel corso degli anni, in particolare la frattura tra il Nord e il Sud del paese. A riguardo l’autore non accetta le finte verità dei libri di storia a discapito del Meridione e i suoi studi si focalizzano soprattutto sugli scontri dal 1861 in poi, sui 12 anni di guerre civili al Sud, per opporsi non tanto a un’unificazione nazionale quanto all’imposizione di un’unificazione da parte dei piemontesi, che credevano di essere più italiani di tutti gli altri , non a caso si parla di “piemontesizzazione”. Ora Fabio si chiede se e come sia possibile superare tutte queste frammentazioni e mettere da parte gli stereotipi che vedono gli italiani in combutta tra di loro. E la risposta che si dà e ci consegna è si, lo si può fare: le differenze possono essere appianate e la profonda crisi attuale rappresenta l’occasione giusta per attuare questo sogno così ambizioso. Intanto il cambiamento è già avvenuto in lui: riesce ad affrancarsi dal suo fazzoletto di terra che per tanto tempo aveva rappresentato l’unico mondo apparentemente possibile, terra madre e matrigna che impone condizioni mentali e spazi ristretti. Così la storia che ci racconta è la storia di un migrante al contrario che ha percorso l’Italia da Nord a Sud e ha capito che solo una totale e consapevole riabilitazione delle genti del sud agli occhi di quelle del nord, potrà consentire la rinascita della nostra nazione. “Nord e Sud non sono così diversi, così lontani. Spesso, anche per motivi politici, si preferisce rimarcare e strumentalizzare le differenze, ma i punti di contatto sono tanti, ed è da quelli che bisogna ripartire per voltare pagina.” Ed ecco che il romanzo diventa un saggio. Un’analisi ironica, cruda, impietosa, dissacrante, di ciò che siamo come singoli individui, appartenenti però alla nazione italiana. Una riflessione profonda che parte dal vissuto personale, offerto come esempio e percorso rivoluzionario che possa portare a una rinascita collettiva. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Donatella De Bartolomeis Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Teatro e sociale, la... Articolo Successivo Il giovane Pertini. ...