Di Veronica di Furia Cultura, Spettacolo cultura, musica, spettacolo, vocazione territoriale, xd magazine 9 marzo 2017 È di Montemiletto, è un polistrumentista, è un cantautore. Questa, in breve, la descrizione del variegato mondo di Eustachio Frongillo. Per lui, fare musica significa mettersi a nudo. Ultimamente lo ha fatto nell’ultimo suo disco “Monologo di un matto”, uscito lo scorso novembre e composto da nove, intensi brani scelti fra un repertorio di circa sessanta pezzi. L’amore per la musica l’ha ereditata dal nonno, amante della fisarmonica e della canzone d’estrazione popolare. Le prime esperienze arrivano all’età di sedici anni con la fondazione del suo primo gruppo di musica tradizionale con il quale ha iniziato ad esibirsi in giro per la Campania. È a Bologna, tuttavia, che Eustachio cresce artisticamente. È qui che nasce il suo primo brano, “Le streghe del 3003”. Poi, la voglia di mettersi davvero in gioco, la mancanza della sua terra, il ritorno a casa, nella sua Montemiletto. Il resto ce lo ha raccontato in questa intervista. Chi è Eustachio e come nasce la tua passione per la musica ? Sono un ragazzo irpino di 29 anni, abito a Montemiletto dove lavoro da due anni come fisioterapista. Ho frequentato il Dams di Bologna e successivamente la facoltà di Fisioterapia a Salerno. Mi avvicino alla musica da bambino grazie a mio nonno dal quale ho eredito sia il nome sia la passione per la fisarmonica e la musica d’estrazione popolare. E’ stata l’esperienza universitaria che mi ha aperto le porte al mondo della musica d’autore e che mi ha fatto fiorire la passione nello scrivere canzoni. Qual è l’obiettivo della tua musica? Come dico sempre, la mia musica ha l’obiettivo di mettere la pulce nell’orecchio, andare ad insinuare il dubbio e la curiosità in chi ha troppe certezze. Come nascono le tue canzoni? Alla base c’è un’idea , un qualcosa da raccontare. Parlo di una visione, di un vissuto, di un’esperienza. Parto da lì e poi inizio a sviluppare un concetto sempre più articolato che prende forma man mano che scrivo il testo. Musica e parole si modificano a vicenda. E’ raro che inizio a scrivere un testo senza pensare in contemporanea alla linea melodica. Forse l’unica cosa che creo a parte sono i riff melodici. Ci sono canzoni che nascono di getto ed altre che hanno bisogno di decantare proprio come un buon vino. Cosa provi quando scrivi una canzone? Inizialmente confusione, smarrimento e caos per tutti i pensieri che mi passano per la testa e che vorrei raccontare. A mano a mano che inizio a scrivere tutto diventa più ordinato. Quella confusione lascia il posto all’ordine e tutto diventa più calmo fino a raggiungere alla fine, quando il brano è terminato, una sensazione di pura liberazione. Un po’ come la quiete dopo una burrascosa tempesta. Lo scrivere canzoni mi permette di chiarire tante cose. Inevitabilmente quando si cerca una rima, una parola chiave, quando ci si sforza per rendere metrico un pensiero, si finisce per analizzarlo nei minimi dettagli con la lucidità calma che t’impone la scrittura e quindi si riesce a fare ordine, a sistemare un po’ di cose e mettere i puntini sulle i. A chi ti ispiri ? Sono cresciuto ascoltando tanta musica cantautorale italiana, della vecchia scuola: Dalla, De Gregori, Bubbola, Piero Ciampi, Battiato ma anche qualcosa di più recente come Gazzè e Silvestri. Ma tra i tanti, Fabrizio De André è stato quello che più di tutti mi ha ispirato e che continua ad ispirarmi. Hai vissuto per un lungo periodo a Bologna, come mai hai deciso di tornare nella tua terra? Durante tutto il periodo universitario, sia quello bolognese che quello salernitano, ho sempre saputo che la mia casa era a Montemiletto, nella verde Irpinia. Qui ho tutti i ricordi, ho la mia storia, gli amici , il lavoro, non riuscirei mai a staccarmi da questo mio habitat. E poi c’è da dire che è molto rassicurante sapere di avere un posto in cui tornare e sentirsi a casa. Quali sono le difficoltà che un giovane cantautore affronta nel nostro territorio? Credo che il problema non sia territoriale ma nazionale. Oggi, la difficoltà maggiore per un cantautore è quella di far sentire la propria voce ai tanti e spesso si rimane relegati in piccoli angoli, privati dei mezzi di cui necessita un artista per farsi conoscere dal grande pubblico. Le difficoltà aumentano soprattutto se si fa musica fuori dalle logiche commerciali imposte dal sistema musicale Italiano. Ci dovrebbero essere più luoghi di condivisione musicale, in modo da stimolare chi ama suonare e fa canzoni ad esprimersi liberamente, e meno reality e contest dove ciò che conta è avere l’ugola allenata. Lo scorso novembre è uscito il tuo disco “monologo di un matto”: in cosa ti senti matto? Monologo di un matto è un album che vuole smuovere le coscienze, che vuole far capire che in fondo viviamo in un sistema dove è consuetudine etichettare “pazzo”, “diverso” chi dimostra di avere una personalità che non rientra in questa o in quella categoria. Hai già qualche altro progetto in cantiere? Fortunatamente ho scritto oltre 70 canzoni che aspettano solo di essere registrate, quindi il materiale su cui lavorare per adesso c’è ed è anche abbondante. Vi anticipo che quasi sicuramente il prossimo anno uscirà un doppio album che racchiuderà almeno 25 brani. Ma è tutto ancora in divenire. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Veronica di Furia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Il giovane Pertini. ... Articolo Successivo L’Istituto d’Istruzi...