Di Donatella De Bartolomeis Cultura, Libri cultura, libri, vocazione territoriale, xd magazine 3 agosto 2018 “IL DIARIO DI PIETRA N.O.F. 4 I fantasmi sono Fulmidabbili dopo la sua seconda apparizione Prende sembianze umane” di Alessandra Cotoloni, edizioni “Il Papavero” è un romanzo liberamente tratto dalla storia di Fernando Nannetti. Nato a Roma nel 1927, da una ragazza madre, a seguito di una malattia alla colonna vertebrale, trascorre i suoi anni tra ospedali e manicomi. Presto si convince che la sua schiena serva da tubo catodico per gli extraterrestri che lo proclamano Colonnello astrale. “… A me attivavano solo il tubo catodico astrono-mico delle ricezioni e quando cadevo nel sonno volavo a prendermi le informazioni dentro la nuvola magnetica.” Nei nove anni della sua residenza toscana nel manicomio di Volterra, dal 1958 al 1973, incide la sua storia, con l’ardiglione del gilet in dotazione ai degenti, lungo 180 ml di muro. Nannetti cominciava sempre con il tracciare la sua pagina, un grande rettangolo destinato a raccogliere le sue incisioni molto simili a simboli etruschi intervallati da disegni. “Prima di cominciare a scrivere aveva saggiato il muro con il palmo della mano. Quel muro, forte della sua for-ma materica, avrebbe conservato le sue parole, per scelta negate, quasi completamente, del suono della voce. Fernando impugnò l’ardiglione. Delicatamente cominciò a tracciare una linea orizzontale nella parte alta del muro. La ripassò più volte perché il segno fosse visibile, poi continuò alle due estremità, graffiando le linee verticali.” Così quelle pareti diventano la sua via di fuga, una sorta di portale che ogni volta lo trasporta verso la libertà. Tra quei simboli prende vita la storia della sua anima, della sua famiglia immaginaria, dei suoi viaggi astrali. Quelle pareti decorate, definite dal museo di Losanna Art Brut, ci consentono di esplorare un’anima imprigionata per tutta una vita all’interno di una struttura manicomiale e che nonostante tutto custodiva dentro di sé poesia e capacità di osservare e sentire il mondo. Dal suo Diario di pietra fuoriescono le sue grida, i suoi desideri, le sue fantasie. “… Fernando Nannetti nato a Roma! Lo urlavo nel muro. E tutti i fantasmi che mi circondavano prendevano forma. Bastava guardarli. Avevano un corpo. Le ombre non erano solo ombre, si imprimevano nel muro, erano visibili, vive sotto l’immenso cielo stellato della Via Lattea, ma solo io le vedevo perché io, Fernando Nannetti, per loro l’uomo invisibile, armato della mia fibbia catodica mi accorgevo che tutto il mondo era attratto dall’energia. Le scariche elettriche animavano i sensi più profondi di noi e tutto si rifletteva nell’universo infinito. Sarebbe bastato guardarci, sarebbe bastato osservarci… anche solo due volte…” La storia di un folle che con le sue parole e il suo personale pensiero, ci induce a riflettere su noi stessi e sul significato che attribuiamo alla parola “normalità”. Quelle pareti, ancora oggi raccontano della sua famiglia numerosa e immaginaria, dai tratti somatici bizzarri, ma soprattutto denunciano il sistema manicomiale. Una testimonianza toccante che racchiude il grido di centinaia e centinaia di persone che venivano violate nella loro essenza umana, private completamente della propria dignità di uomini e donne. Una denuncia importante arricchita spesso da vere e proprie poesie che ci riportano la profondità di un uomo che si è visto da sempre privare dell’ elemento più importante per ogni individuo: la libertà di essere e di esistere. Purtroppo il “Diario di pietra” si sta deteriorando ogni giorno di più a causa della sua continua esposizione agli agenti atmosferici. Il romanzo della Cotoloni, che ha affascinato il regista irpino Modestino Di Nenna che ha voluto trasformarlo in sceneggiatura e presto inizierà a lavorare al film, potrebbe essere l’ultima testimonianza permanente e concreta di un sistema che ha visto annullare per decenni centinaia e centinaia di persone. La prefazione del libro è stata curata dal prof. Alessandro Meluzzi che traccia la storia dei manicomi fino alla loro chiusura, legge Basaglia del 1978, non mancando di sottolineare che a oggi non sono state trovate soluzioni alternative e quindi, anche se in vesti diverse con risvolti spesso inaspettati, il problema si ripresenta. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Donatella De Bartolomeis Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente “Io mi libro... Articolo Successivo ‘Cartoline dai...