Di Andrea Massaro Storia, Territorio Irpinia, storia, territorio, tradizioni, vocazione territoriale 1 dicembre 2016 Una delle devozioni religiose più belle e suggestive che si conserva in Irpinia è legata al senso religioso del Natale. Nelle mille chiese che punteggiano il territorio della provincia di Avellino, sin dai tempi remoti, i giorni che precedono la Natività sono dedicati all’allestimento dei presepi. Ieri più di oggi, i presepi venivano preparati nelle chiese dei nostri paesi. E non solo nelle chiese. Nelle cappelle gentilizie, nei conventi, negli istituti, nelle scuole e nelle famiglie private, era un susseguirsi febbrile di scenografie pittoresche e geniali, per far rivivere la notte magica scelta dal Redentore per mostrarsi sotto le fattezze di un bambino all’intera umanità. La tradizione italiana fa risalire il presepe all’epoca di San Francesco, che nel 1223 realizzò a Greccio il primo presepe della cristianità. Questa usanza si sviluppò nei secoli seguenti, specialmente nelle basiliche romane , mentre nel ‘700, a Napoli, esplode la competizione fra le migliori famiglie della nobiltà a chi prepara il migliore presepe. Alla moda no si sottrassero le chiese ed i palazzi reali. La diffusione nell’ambiente napoletano del presepe durante il XVIII secolo coinvolge il patriziato ed il popolo minuto. In questo secolo il presepe napoletano visse il suo secolo d’oro. Oltre che nelle chiese, artistici pastori si muovono in scenari orientali dai toni da mille e una notte. I pastori che costituiscono la variegata umanità che si muove dentro e fuori la grotta di Betlemme sono realizzati con manichini di filo metallico ricoperto da stoppa, mentre le teste e gli arti sono di legno. In seguito i pastori, grazie agli artisti di San Gregorio Armeno saranno realizzati in terracotta colorata. Elemento centrale del presepe napoletano rimane la grotta nella quale troviamo la Madonna e San Giuseppe, unitamente al bue e l’asinello posti non lontano dalla greppia ove nella notte santa sarà deposto il Bambino. Fuori la grotta un nugolo di angeli annunciano la pace agli uomini di buona volontà. Il presepe, nel corso dei secoli si è andato, poi, ad arricchire di vari elementi del vissuto quotidiano, così come percepito dal popolo nella contemporaneità Accanto ai classici pastori con i loro greggi si snoda per le irte strade innevate cortei di uomini, donne e bambini, attratti dal miraggio della grotta. E qui la fantasia popolare ha collocato sul paesaggio osterie con avventori intenti a banchettare, macellai con botteghe zeppe di quarti di carni di manzo, salsicce, agnelli, capretti. Ripresi dal tocco umano si vedono uomini e donne affaccendati nei mille mestieri praticati nei nostri paesi tra Sette ed Ottocento, che vede in primo piano il mugnaio che macina grano, lavandaie poste lungo i corsi di fiumi e ruscelli con ceste piene di biancherie, mandriani che guidano polli, tacchini e maiali ad improbabili mercati, pescatori con le loro canne immerse in fiumi e laghi luccicanti, resi argentei con carta stagnola. Non meno suggestivo appare l’aspetto urbano del presepe. Monti e colline sono attraversati da sentieri ripidi e tortuosi, a volte gli avvallamenti sono uniti da ponti arditi e attraversati da carri carichi di botti e tini, di fieno, di sacchi di grano e di altri prodotti della terra. Lontano, sul cucuzzolo più alto, si erge maestoso il palazzo di Erode, il re della Galilea al tempo della nascita di Gesù. Sui merli e sulle torri soldati scrutano l’orizzonte. Pieno di fascino tutto orientale rimane poi il corteo dei Re Magi. Il corteo risente della ricchezza del committente del presepe. Più si hanno mezzi economici disponibili, più ricco è la carovana dei magi. Cammelli, dromedari, cavalli e asini seguono i carovanieri di scolta che guidano il corteo. In alto la stella cometa indica la strada da seguire. A fare da cornice ai magi, tutti con sontuosi vestiti orientali, giocolieri, fachiri, animali feroci ed esotici tenuti al guinzaglio con robuste catene da fedeli schiavi negri, il cui capo è coperto da un vistoso turbante. La scenografia che si ammirava nei vari presepi, da quelli regali a quelli poveri e spogli, doveva, comunque, strabiliare il visitatore, per cui, in seguito, appaiono sulla ribalta parecchi elementi che si muovono in numerose azioni meccaniche, specialmente nella ricostruzione di mulini, di cascate d’acqua e di altre ingegnose trovate. Abbiamo detto che nella preparazione dei pastori si cimentarono i migliori artisti napoletani. A loro si affiancarono provetti artigiani specialisti nella confezione di lussuosi abiti. Seta di San Leucio, broccati, damascati e velluto pregiato furono impiegati per vestire paggi e donne del popolo, pastori e bottegai, in un tripudio fantasmagorico di colori sgargianti. Non furono trascurati i tanti oggetti che costituivano il ricco armamentario posto nelle mani dei pastori: mandolini cesellati, schioppi di cacciatori, scimitarre e spade per giannizzeri e soldati, e poi, vasi, brocche, piatti, lumi tutti in misura con i loro detentori, ricreavano l’ambiente della Napoli colta e raffinata di un secolo eccezionale. Molti elementi, forse estranei ai racconti evangelici, sono entrati nel presepe napoletano e che ormai rendono lo stesso presepe unico e irrepetibile, frutto della fantasia di un popolo. Questo ricco bagaglio di cultura e tradizione nel corso del Settecento entrò nel contesto dell’Irpinia diffondendosi in tutti i paesi del nostro territorio. Ariano, Calitri, Grottaminarda, Fontanarosa, Gesualdo, Flumeri e, ancora tanti altri paesi arroccati sui monti dell’Altirpinia, nella Valle del Calore, nel Bainese, nel Montorese, nella Valle Caudina, nel Vallo di Lauro, delle falde del Partenio e dell’avellinese, assunsero il modello del presepe napoletano nella loro tradizione natalizia. L’allestimento e la realizzazione del presepe, a partire dal Settecento, entrò nella cultura irpina ad opera dei sacerdoti colti e delle famiglie ragguardevoli dei nostri paesi i quali, per ragioni di studi o di affari, avevano continui contatti con la capitale del regno di Napoli. Parte di queste testimonianze sono giunte fino a noi attraverso la devozione che si è tramandata di generazione in generazioni. La storia millenaria del Duomo di Avellino non ha nascosto l’arcano mistero della Natività che la notte di Natale ha pervaso di mistico raccoglimento. Gli abitanti di Avellino del passato, nella Notte Santa si ritrovavano nel massimo tempio provenienti dalle viuzze, dai vicoli, dalle scoscese balze della Tofara, delle Gradelle alla Fontana e dalle altre zone del centro Storico. La sera della vigilia, dopo la cena consumata in famiglia, con varie pietanze a base di pesce e varie verdure,la famiglia si portava nella Cattedrale per assistere alla messa di mezzanotte. Canti natalizi hanno accompagnato il sacro rito, mentre fuori spari di petardi mostravano il volto pagano della festività. Questa giornata era anticipata dai falò dell’immacolata e dall’arrivo degli zampognari. Durante gli anni del Vescovo Gallo, il natale del 1880, a causa dei lavori di restauro del Duomo, fu celebrato nella chiesa di S. Francesco Saverio, nota come la chiesa di S. Rita. In questa chiesa si sono ammirati alcuni decenni fa stupendi presepi nei quali brillavano per bellezza e fattura artistici pastori del ‘700 napoletano, tramandati da varie generazioni in quella chiesa:Il primo ad allestire presepi di tale fattura, fu un sacerdote di casa Greco, il quale aveva realizzato un artistico presepe domestico e poi, quando fu nominato Rettore della chiesa di San Francesco Saverio, tale rito si trasferì in questa chiesa con una quantità di pregiati pastori che durante il Natale occupava buona parte della chiesa, con sapienti rifacimenti scenografici che incantavano gli spettatori. La tradizione fu continuata da altri sacerdoti, come don Consiglio Borriello, agli inizi del Novecento, e poi dai fratelli Don Mario e Don Clemente Picariello. Il presepe di San Francesco Saverio si è meritato l’attenzione dello studioso Antonio D’Amato che ne ha parlato nel suo saggio dal titolo “La verde Irpinia”. Altre volta a dare lustro al presepe il “Corriere dell’Irpinia” e altri giornali locali. Nel ricordare il presepe in Irpinia non si può tacere sull’artistico presepe Penta conservato presso la Biblioteca provinciale di Avellino e quelli, stupendi e originali del Santuario di Montevergine, ove si possono ammirare in sequela, una varietà enorme di presepi nel mondo. A tanto bisogna aggiungere il moderno mezzo di rappresentare il presepe con la partecipazione di figuranti, i quali danno vita ai famosi presepi viventi che da alcuni anni dilagano nei nostri paesi, attirando tanti visitatori, ammirati dalla magia della Notte Santa. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Andrea Massaro Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Successivo Agricoltura, la spin...