Di Barbara Ciarcia Luoghi, Territorio 10 febbraio 2022 “Ciaschì aliv ‘cu la srp’ndina ca lu ciafr’drezz”, (ragazzo, silenzio con la lingua che la gente ci capisce). “Ciaschì lu frezz è niff”, (ragazzo, il vino è ottimo). Senza traduzione, a prima vista, sarebbe stato praticamente impossibile comprendere il senso della frase in ciaschino, la lingua dei briganti e dei mercanti. Ma pure degli zingari. Una lingua criptata, idioma naturale invece per generazioni di castellesi che ancora lo parlano e a breve potrebbero pure studiarlo a scuola. Inventato dai briganti della zona è una mescolanza di vocaboli inventati o copiati da altri dialetti e slang gitani. Un mix di suoni e fonemi alieni giunti fino ad oggi dal passato. Frasi che ricorrono frequentemente, tuttora, nella vulgata dei ‘segacorna’, nomignolo degli abitanti di Castel Baronia. Così sono infatti conosciuti nel circondario gli abitanti del borgo che ha dato i natali al grande giurista Pasquale Stanislao Mancini. “Peccato che i più giovani non lo conoscano- ha esclamato Felice Martone, sindaco al secondo mandato consiliare-. Per non disperdere questo patrimonio culturale stiamo pensando a un progetto mirato da realizzare in collaborazione con le scuole”. L’obiettivo è mantenere viva la memoria e l’antica lingua locale mediante qualche ora di insegnamento a bambini e ragazzi. Il borgo, spogliato negli ultimi decenni dalla catena delle migrazioni verso l’estero e il Nord del Paese, vanta una storia incredibile. Le su origini risalgono addirittura alla Preistoria, al Neolitico, ma il nome attuale richiama alla mente l’Evo Medio, e quindi l’epoca normanna. Sui colli che dominano lo skyline della valle Ufita sorgeva un castello inespugnabile conteso dai vari dominatori di passaggio in queste lande feconde e strategiche. Più tardi anche i monaci verginiani elessero l’amenità del luogo a rifugio spirituale. Successivamente i vescovi di Trevico venivano qui a svernare e ritemprarsi. C’è però una data che ogni buon castellese ha a cuore e sa a memoria: il 2 febbraio 1137. Data cruciale per la comunità, quella del ritrovamento prodigioso dell’icona della Madonna delle Fratte in località Valle, venerata nell’omonima chiesa. Fu un bue, caduto in ginocchio sotto un albero, a far scoprire la sacra effigie mariana. Tutto ebbe inizio da quel ritrovamento miracoloso e misterioso. Storie e leggende paesane si rincorrono ancora oggi nei racconti dei più anziani suggestionati dalle glorie di un passato che non si rispecchia nella attualità. “Abbiamo tante testimonianze sacre e artistiche di inestimabile valore – continua sempre Martone -. La chiesa di Santo Spirito è un reliquiario nazionale ricco di reperti e opere portate da monaci e prelati che un tempo vivevano qui da noi”. Echi di un mondo lontano. Il Municipio, ad esempio, è stato ricavato in un ex convento francescano realizzato nel 1623: è un gioiello autentico impreziosito da sculture e affreschi di rara bellezza. Castel Baronia è stato crocevia strategico per l’umanità che ha vissuto in queste contrade dove oggi risiedono appena 1.130 anime. Le nascite sono un evento unico, quasi miracoloso, nel borgo che ha visto andare via negli anni la meglio gioventù. “Lo spopolamento è la vera piaga sociale dei nostri tempi, quella che accomuna tutti i paesi irpini e appenninici – asserisce quasi sconfortato Felice Martone -. L’industria è stata inganno e appannaggio: un bluff. Le aree di insediamento produttivo non hanno dato risposte esaustive alle aspettative del territorio e dei giovani che non vi hanno trovato impiego, o solo in minima parte. Da noi ci sono quattro aziende artigianali a conduzione familiare. Lo sviluppo pensato dopo il terremoto, quarant’anni fa, non è più attuale, non risponde alle esigenze di una generazione qualificata. Intorno c’è solo una gran desolazione che sa di fallimento e illusione”. Chissà cosa avrebbe pensato a riguardo il maggiore giurista di tutti i tempi, castellese verace, Pasquale Stanislao Mancini, guardasigilli del primo governo dell’Italia unita, e difensore della laicità dello Stato. Qui, nella quiete del borgo natale, stilò la riforma della legislazione penale dell’epoca. E’ stato l’astro più fulgido della giurisprudenza italiana dell’800, e solido punto di riferimento del Risorgimento nazionale. Nella casa dove è venuto al mondo il 17 maggio 1817 l’amministrazione attuale sta pensando, finalmente, di allestire la biblioteca comunale. Una sfida ambiziosa per un centro che guarda al futuro senza rinnegare e dimenticare il suo luminoso passato. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Barbara Ciarcia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente FDF nautica. I nuovi... Articolo Successivo Adelia Bozza, maestr...