Di Lidia Caso Cultura, Ius & Lex 13 gennaio 2021 “In tema di carte telefoniche prepagate, il combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 1 della legge n. 40 del 2007 (decreto Bersani) sancisce il diritto degli utenti al riconoscimento del “credito residuo” ed anche alla sua trasferibilità fra gli operatori in caso di portabilità del numero. Ne deriva la legittimità della determinazione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di diffida agli operatori di telefonia mobile ad adempiere l’obbligo di riconoscimento agli utenti del credito residuo”. Consiglio di Stato, sez. III – 5 aprile 2011, n. 2122 (fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). Nel caso in esame la compagnia telefonica aveva impugnato davanti al TAR la delibera 416/07/CONS con la quale l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni aveva diffidato gli operatori di telefonia mobile ad adempiere l’obbligo di restituzione del credito residuo agli utenti che esercitavano il diritto di recesso o di trasferimento ad altro operatore. Il TAR , con la Sentenza della Sez. III TER, n. 1775 del 27 febbraio 2008, respingeva il ricorso nella parte in cui la Compagnia contestava l’obbligo di tale riconoscimento e lo accoglieva al contrario nell’incongruità del termine indicato in 45 giorni che, l’Autorità aveva assegnato agli operatori per la restituzione del credito (questione superata con delibera 353/08/CONS – fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS Cds_2011_n.2122.htm). Il Consiglio di Stato decideva nella parte respinta in primo grado. Veniva richiamata preliminarmente la delibera n. 416/07/CONS con la quale l’Agcom era intervenuta per dare attuazione alle disposizioni dettate dall’art. 1 della legge n. 40 del 2007, di conversione del d. l. n. 7 del 31 gennaio 2007 (decreto Bersani 1), per disciplinare il mercato delle carte prepagate oramai divenute metodo di pagamento per i servizi telefonici. Il legislatore, con il d. l. n. 7 del 31 gennaio 2007, recante “Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”, convertito in legge n. 40 del 2 aprile 2007, ha dettato una serie di disposizioni che hanno profondamente innovato le condizioni di servizio previste per le carte prepagate nel settore della telefonia, delle trasmissioni televisive e delle altre comunicazioni elettroniche, sia per i contributi di ricarica sia per la scadenza del credito residuo ( fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). Il decreto legge citato, ha introdotto un divieto di previsione di termini temporali massimi per l’utilizzo di servizi acquistati con carte prepagate, decretando la nullità di clausole difformi. La successiva legge di conversione (n. 40 del 2007) ha stabilito che è “vietata la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio acquistato. Ogni eventuale clausola difforme è nulla e non comporta la nullità del contratto, fatti salvi i vincoli di durata di eventuali offerte promozionali comportanti prezzi più favorevoli per il consumatore”. ( fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm) Il comma 3 del medesimo articolo ha poi aggiunto che “i contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni”. L’Agcom, dopo aver dettato apposite Linee Guida (Gazzetta Ufficiale il 13 luglio 2007) ha ritenuto, di diffidare gli operatori telefonici ad ottemperare all’obbligo di restituzione del credito residuo in caso di recesso ed a quello di portabilità dello stesso credito, in caso di trasferimento dell’utenza presso un altro operatore. ( fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). Secondo l’Agcom tale obbligatorietà richiama i principi civilistici della reciprocità e della causalità delle attribuzioni patrimoniali per cui, a fronte dell’estinzione anticipata di un rapporto, le prestazioni anticipate, alle quali non ha ancora fatto seguito la controprestazione, devono essere restituite. L’obbligo di restituzione del credito residuo deve ritenersi infatti una modalità attuativa di quanto disposto dai commi 1 e 3 dell’art. 1 del decreto Bersani. Precisamente dal primo comma dell’art. 1, nella parte in cui prevede il divieto di limiti temporali di utilizzo del traffico telefonico o del servizio acquistato, si desume il principio della conservazione del credito acquistato dall’utente il quale può, sempre disporne, sia che receda sia che aderisca alle offerte di un operatore concorrente ( fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). La norma di cui al successivo comma 3 dell’art. 1 poi, nel prevedere la facoltà di recesso e di trasferimento delle utenze senza vincoli temporali o ritardi non giustificati, conferma in maniera inequivocabile la sopravvivenza del credito residuo rispetto allo scioglimento del rapporto contrattuale con il singolo operatore e determina il diritto alla sua restituzione per l’utente che recede, oltre che alla sua portabilità nel caso di trasferimento dell’utenza ( fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). L’obbligo di restituzione, pur non essendo espressamente previsto dal citato art. 1, discende comunque dal divieto imposto agli operatori, di fissare in maniera unilaterale dei limiti temporali massimi all’utilizzo del traffico telefonico o del servizio acquistato. In altri termini, “la mancanza di un obbligo di restituzione o di trasferimento consentirebbe all’operatore di conservare, sia pure per altra via, il vantaggio economico che sino ad ora ha tratto dall’esistenza di un limite temporale di durata, cioè il corrispettivo economico di un traffico telefonico non completamente utilizzato dall’utente nel termine finale prefissato” (pag. 10 e 11 della sentenza appellata) (fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). Non essendo vietato ad uno stesso utente di avere più contratti con operatori diversi e non sussistendo costi da sostenere per l’attivazione della carta telefonica se non quelli relativi all’effettivo costo del traffico acquistato, non sarebbe necessario per l’utente recedere da uno degli operatori per avviare il rapporto con altro operatore. Il recesso, infatti, avvantaggerebbe il solo operatore che sarebbe liberato dalla propria prestazione se non fosse consentito, alla controparte del rapporto, di recuperare la parte della prestazione che non ha utilizzato. Come affermato dall’Agcom (e dal TAR nella appellata sentenza) la sopravvivenza del diritto dell’operatore a conservare gli importi residui verrebbe anche ad ostacolare la realizzazione di una concorrenza effettiva sul mercato di riferimento, creando delle barriere alle scelte degli utenti. (fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm).L’utente che sa di non poter recuperare la parte di traffico non consumato difficilmente abbandonerebbe l’operatore con il quale ha stipulato il contratto di ricarica per passare ad altro operatore che propone sul mercato offerte più convenienti (fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). D’altra parte, il disconoscimento del diritto dell’utenza al credito residuo equivarrebbe a disconoscere l’effetto della volontà negoziale dell’utente di recedere dal contratto con l’imposizione di un vincolo temporale in violazione della legge n. 40 del 2007. La sentenza del TAR risulta pertanto condivisibile, dovendosi ritenere l’obbligo di restituzione agli utenti del proprio credito residuo quale conseguenza diretta delle due disposizioni contenute nei commi 1 e 3 dell’art. 1 della legge n. 40 del 2007; come risultano condivisibili le conclusioni alle quali è pervenuta l’Agcom secondo cui deve escludersi che l’acquisto di una ricarica telefonica costituisca un contratto i cui effetti si realizzano e si completano nel momento dell’acquisto della carta. Gli effetti dell’acquisto infatti non si completano con l’atto in sè ma si protraggono nel tempo e la carta costituisce solo il mezzo che l’utente ha per poter utilizzare il servizio telefonico oggetto del contratto di somministrazione (fonte integrale fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). La ricarica telefonica ha quindi natura di carta prepagata perché consente di usufruire del servizio telefonico dell’operatore prescelto per l’ammontare della carta stessa nei limiti del credito acquistato. La carta può essere utilizzata completamente o può essere utilizzata parzialmente ed in tal caso il legislatore ben può prevedere che la parte non utilizzata debba essere restituita all’utente, parte debole del rapporto contrattuale, con il venir meno del diritto alla controprestazione in caso di recesso(fonte integrale tratta da fonte: https://www.ambientediritto.it/sentenze/2011/CDS/Cds_2011_n.2122.htm). L’utente ha, infatti, versato anticipatamente del denaro per prestazioni non ancora effettuate dall’operatore telefonico e, se parte di quelle prestazioni non sono più richieste, lo stesso risulta titolare di un “credito residuo” per la parte della carta che non è stata ancora utilizzata ed avrà diritto alla restituzione. 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