Di Andrea Massaro Storia, Territorio Avellino, Irpinia, storia 28 giugno 2017 In un celebre quadro, ove è riprodotta la stupenda facciata secentesca della storica Dogana di Avellino, rivive la passione del pittore Giovanni Battista per Avellino, sua città natale. All’indomani della morte di Gioacchino Murat e al successivo Congresso di Vienna del 1815, Ferdinando I Borbone si assise nuovamente sul trono delle Due Sicilie, abbandonato precipitosamente sotto le baionette dei soldati francesi di Napoleone. Il nuovo assetto politico del Regno preoccupò non poco gli avellinesi i quali temevano che con la restaurazione il capoluogo della provincia di Principato Ulteriore fosse di nuovo ripristinato in Montefusco, da dove, nel 1806, era traslocato nella nostra città. Ma questi timori svanirono quando il sovrano, nel predisporre il nuovo assetto amministrativo delle province riconfermò Avellino nel ruolo di capitale dell’Irpinia. In questa nuova dimensione, mentre al Viale dei Pioppi, l’attuale Corso, inizia la sua espansione verso ovest, destinata ad aumentare con l’Unità d’Italia, la campagna del capoluogo offre buone occasioni di lavoro, non solo ai coloni locali, ma anche a quelli che dai paesi vicini vi si trasferivano. La città di Avellino, anche con il nuovo assetto amministrativo conservò il non secondario ruolo di capoluogo di provincia, cosa questa che consentì un notevole sviluppo economico e demografico. In Avellino non mancavano buoni pittori. Lo stesso padre di Cesare Uva, Mariano, fu un affermato pittore ornamentista. Il primo e il secondo decennio post unitario vede la presenza nel capoluogo di importanti istituzioni pubbliche e private che rendono la nostra città sempre più proiettata verso il futuro. Sorgeranno, infatti, in questi anni, la caserma del Distretto Militare, la Stazione ferroviaria, la Società Operaia di Mutuo Soccorso, il Tiro a Segno, il Corpo dei Carabinieri stabiliti nella Caserma “Litto” al Corso Vittorio Emanuele, vari istituti assicurativi e di credito, come le “Assicurazioni Generali”, la Banca Nazionale, poi Banca d’Italia, la Direzione Provinciale delle Poste e Telegrafi e tante altre istituzioni. L’istruzione pubblica vedrà sorgere prestigiose scuole, come la Scuola Agraria, la Scuola d’Arti e Mestieri, la Scuola Normale, poi Istituto Magistrale e più tardi anche l’Istituto Tecnico, che con il Liceo del Convitto “Pietro Colletta” contribuiranno a formare ed istruire varie generazioni d’Irpinia. Il nuovo secolo accendeva nei cuori tantissime speranze, specialmente per i nuovi ritrovati della tecnica e delle innovazioni. Nota positiva di inizio Novecento, quando Avellino contava 23.602 abitanti, sarà l’inaugurazione dell’edificio scolastico “Regina Margherita”, noto come il “Palazzotto”. Il secondo decennio del Ventesimo secolo fu un periodo tormentato per l’intera umanità. Lo scoppio della prima guerra mondiale, la micidiale epidemia di influenza, la “spagnola” e la rivoluzione bolscevica russa segnarono gravemente gli anni di quel tempo. Una cognata di Giovanni, Costantina Venezia, moglie del fratello Giuseppe, sarà una delle tante vittime della “spagnola”. Il pittore pochi anni prima della scomparsa della bella e gentile Costantina l’aveva immortalata per sempre in un superbo profilo che ho potuto ammirare anni fa. L’eco della prima guerra mondiale cominciò, intanto a riecheggiare anche per le strade di Avellino nei primi mesi del 1915, quando alla prudenza della chiesa locale e alle timide voci dei neutralisti irpini più forte si levò il clamore degli accesi interventisti. A guerra ultimata l’Irpinia pianse 5461 tra ufficiali sottufficiali e soldati morti, e lamentava altri 905 tra mutilati e invalidi. Nel dopoguerra il malessere che serpeggia nella popolazione per la “vittoria mutilata” esplode anche nel capoluogo con il protrarsi dell’instabilità politica che coinvolge il Municipio. Come sappiamo, poco tempo dopo una nuova fase politica si apre sul nostro Paese e la nostra città, che durerà un ventennio. Ma questi ultimi eventi saranno risparmiati al pittore del “Vasto” il quale vivrà gran parte della sua vita a Napoli, viaggiando molto in Italia e all’estero per partecipare a Mostre ed Esposizioni di notevole importanza. Intanto il 27 gennaio 1896, proprio a Napoli, aveva sposato Lucia Corrado. Rimasto vedovo, il primo aprile 1908 sposò in seconde nozze Teresa Romano. E a Napoli, sua città adottiva, scelta anche dal suo maestro Cesare Uva, Giovanni Battista morì il 18 gennaio 1925. Il suo nome oggi è scolpito su una targa della toponomastica che lo consegna per sempre alla sua città. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Andrea Massaro Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Agromafie, i raccolt... Articolo Successivo Palazzo Madama 1949:...