Di Valerio Massimo Miletti Luoghi, Territorio 11 giugno 2020 Aquilonia ha origini antichissime e fu abitata fin dai tempi dei Sanniti, come attestano i numerosi ritrovamenti archeologici. Rimase coinvolta nelle guerre contro Roma che, durante la seconda guerra sannitica (326 a.C. – 304 a.C.), sferrò diversi attacchi in queste zone. Molti ritengono anche che la famosa ed accesa battaglia di Aquilonia del 293 a.C., combattuta tra romani e sanniti, sia avvenuta proprio in questi luoghi, e precisamente nella vallata del torrente Calaggio. Ne parla lo storico romano Tito Livio nella sua opera Ab Urbe condita, meglio conosciuta in italiano semplicemente come Storia di Roma, e coinvolse circa sessantamila soldati. In realtà sembra che l’Aquilonia del Sannio Pentro ricordata da Livio sia da identificarsi con Monte Vairano, centro situato sull’omonima montagna, parallela al massiccio del Matese, a breve distanza dall’attuale città di Campobasso. L’equivoco è sorto perché questa località veniva chiamata “Akuddunia” dai Sanniti e “Aquilonia” dai Romani. Sotto la dominazione romana, molte furono le strade costruite in queste zone. Oltre alla notissima via Appia, vi passava anche la via Erculea, che collegava il Sannio alla Lucania, e la via Traiana che collegava Benevento a Brindisi. Migliori, quindi, furono le comunicazioni e Aquilonia – tradizionalmente identificata con la moderna Lacedonia – continuò la sua esistenza come municipio romano fino al IV – V secolo d.C., quando iniziò il lento declino dell’Impero. Troviamo la nostra località denominata Carbonara, fin dal periodo medievale, probabilmente a causa della locale produzione di carbone vegetale o dalla presenza di particolari pietre contenenti petrolio e che ancora oggi si trovano nella contrada “Sassano”. Carbonara viene citata per la prima volta in un documento nel 1078, quando Roberto il Guiscardo ne distrusse il castello. Nel 1140 ne era feudatario un tale Tommaso, sub feudatario del conte Gionata di Balvano. Un secolo dopo, nel 1247, re Manfredi di Svevia donò il feudo a Matteo de Monticulo. Dopo circa una ventina d’anni, invece, Carlo I d’Angiò lo diede a Riccardo di Cotigny, alla cui famiglia appartenne fino alla prima metà del XV secolo. Nel 1426 Carbonara fu concessa al famoso Sergianni Caracciolo, Gran Siniscalco del Regno, per poi andare ad una nipote, Maria Donata, sposata al principe Pirro del Balzo. Costui, però, ebbe la sventura di partecipare alla Congiura dei Baroni, per cui, dopo poco tempo, fu privato di tutti i suoi beni. Successivamente, il feudo di Carbonara passò agli Sforza, ai de Cordova, nuovamente ai Caracciolo, e poi ai Carafa, nella persona di Francesco Maria, conte di Sant’Angelo dei Lombardi. Infine, nel 1637, fu venduto a Giovan Battista Imperiale la cui famiglia lo mantenne fino all’eversione della feudalità. Nel 1860 il paese fu teatro di una sanguinosa rivolta antiliberale, filoborbonica, con saccheggi ed uccisioni dei principali signori locali. Ne seguì una dura repressione con molti arresti e condanne a morte dei responsabili. Fu interessato anche dal fenomeno del brigantaggio, quando il 20 aprile del 1861 il paese fu invaso dalla banda di Donatello Crocco. Il suo nome fu cambiato nuovamente, anche per cancellare il ricordo di questi terribili eventi, e così, con un decreto del 14 dicembre 1862, riprese la denominazione di Aquilonia, proprio in ricordo dell’Aquilonia sannitica menzionata da Livio. Purtroppo la storia della nostra cittadina prosegue con un’altra sventura, poiché il 23 luglio 1930 vi fu un disastroso terremoto in Irpinia che colpì anche Aquilonia. Fu praticamente distrutta e gli amministratori dell’epoca decisero di abbandonarla per ricostruirla ex novo a circa due chilometri a nord-est. Il paese nuovo fu costruito con un impianto urbanistico ortogonale e con tutti gli accorgimenti antisismici a disposizione dell’epoca. Ora quello che è molto interessante da vedere, è il Parco archeologico di Carbonara, ovvero il sito del paese vecchio. E’ la memoria storica di tutti gli abitanti, in cui è ancora possibile vedere il tracciato urbanistico originale. E’ visibile la piazza principale, piazza Municipio, dove sorgevano due chiese, quella di San Giovanni e quella dell’Immacolata, il Municipio, la Pretura, il Monte frumentario e le Carceri. Perfettamente restaurata, questa antica piazza è spesso utilizzata come palcoscenico per attività teatrali, per concerti o per attività culturali in genere. Visibili, inoltre, i ruderi di alcune abitazioni con portali del ‘700 ed elementi decorativi in cotto. Purtroppo scomparsi i resti del castello, che si trovava sulla parte più alta dell’abitato. All’interno del Parco c’è allo studio da tempo il restauro di Palazzo Vitale, un antico edificio che dovrebbe diventare sede del Centro Studi delle Culture locali e del Mediterraneo. Il progetto dovrebbe andare in porto attraverso la stipula di una convenzione con il Dipartimento Beni Culturali dell’Università di Salerno. Estremamente interessante anche il Museo detto “delle città itineranti”. In un palazzo appositamente restaurato e predisposto, sono documentate con foto, filmati d’epoca dell’Istituto Luce, video e pannelli esplicativi, le vicissitudini di quei paesi in Italia che, come Aquilonia, a causa dei terremoti, hanno dovuto cambiare sito ed essere ricostruiti altrove. Per fortuna, molti di quei siti abbandonati, ora sono stati riscoperti e rivalutati, trovando una nuova funzione di memoria storica, didattica e perché no, turistica. A poca distanza dal paese, è di grande interesse l’Abbazia di San Vito, contenente varie opere d’arte e risalente al XIII secolo ma ampiamente rimaneggiata, affiancata da un’imponente torre campanaria e da una quercia secolare. Infine, ma non per importanza, è da ricordare il museo Etnografico “Beniamino Tartaglia”, nato nel 1997 per la passione e l’impegno dell’ormai famoso professore omonimo, purtroppo prematuramente scomparso nell’estate del 2006, ma con la collaborazione di un comitato rappresentativo di tutta la comunità aquilonese e la partecipazione degli Enti locali. Molti dei residenti, o anche degli emigrati, donarono oggetti, fecero offerte in denaro o prestarono volontariamente la loro opera, ristrutturando un ex asilo nido messo a disposizione dall’Amministrazione comunale. Furono raccolti circa 13.000 pezzi utilizzati tutti per ricostruire gli oltre centotrenta ambienti abitativi o di lavoro, che permettono di percorrere un vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo. Tanti i motivi, quindi, per recarsi ad Aquilonia ed apprezzare le bellezze e le peculiarità di questo paese dell’Alta Irpinia dove il fiume Ofanto segna il confine tra Campania, Basilicata e Puglia e dove si possono ammirare incantevoli panorami sul tavoliere delle Puglie. Articolo pubblicato su XD MAGAZINE ANNO XII – NUMERO 5 – OTTOBRE NOVEMBRE 2019 Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Valerio Massimo Miletti Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Ettore Novellino, l’... Articolo Successivo Premio Sublimitas, i...