Di Veronica di Furia A tavola 27 maggio 2020 Angelo Adduci è il presidente del Consorzio del Cedro di Calabria che promuove il Cedro di S. Maria del Cedro e, più in generale, la cultura ad esso legata. Con lui abbiamo parlato dell’importante valenza culturale di questo agrume e del suo profondo legame col territorio. Come e quando nasce il Consorzio del Cedro? “Il Consorzio del Cedro di Calabria nasce per promuovere la coltura del Cedro di Santa Maria del Cedro, i prodotti a base di questo agrume, e più in generale il territorio in cui esiste. Fino agli anni Settanta si producevano circa 160.000 q di cedro e rappresentavano l’elemento fondante di tutta l’economia della Riviera dei Cedri che prende il nome proprio da questo frutto presente in Calabria da oltre 2000 anni. Per una serie di motivi, questa produzione è andata sempre più scemando fino a raggiungere nel 1982 la produzione minima di 2000 q di cedro. La caratteristica ereditaria di questo territorio e la sua biodiversità stavano scomparendo. Ci si è interrogati, allora, su come intervenire e nel 1989 imprenditori agricoli, trasformatori e commercianti si sono uniti per fondare la prima legge istitutiva del Consorzio del Cedro di Calabria che nel 2004 è stato riconosciuto dalla Regione come organismo volto alla tutela, alla promozione e allo sviluppo del Cedro, in un’ottica di valorizzazione territoriale”. Quali sono stati i primi interventi del Consorzio? “Ha innanzitutto regolarizzato i rapporti fra domanda e offerta, fra cedricoltori e trasformatori/imprenditori. La seconda importante azione è stata diversificare e standardizzare la qualità del prodotto. Fino agli anni Ottanta, infatti, il cedro era conosciuto solo come ingrediente per le granite che si trovavano nel bar della piazza. Grazie a un’intensa e costante attività di sperimentazione, abbiamo allargato l’offerta offrendo prodotti nuovi come il cedro candito, la marmellata, le creme e i liquori. Un prodotto estremamente innovativo è stato l’olio che non è aromatizzato bensì lavorato direttamente insieme alle olive, oggi prodotto di punta del Consorzio. Tutti i nostri prodotti hanno trovato ampio impiego non solo nella ristorazione e nella pasticceria locale ma anche in quella nazionale ed internazionale. Non solo, sono state riconosciute le importanti proprietà benefiche di questo agrume che si è così inserito anche nel campo della cosmetica e con possibili risvolti in campo medico, infatti sono in corso studi da parte dell’Università della Calabria. Oggi quali sono le attività del Consorzio? “Oltre alla promozione dei nostri prodotti, ci occupiamo dello sviluppo del Museo del Cedro, sito che ha accolto nel 2018 circa 50.000 presenze, del Laboratorio del Gusto e della Cittadella Industriale. Collaboriamo con scuole e Università, con il CNR e vari centri di ricerca in un’ottica costante di sviluppo e miglioramento. Una delle realtà più interessanti, in fase di implementazione, da parte del Consorzio è la “Via del Cedro”, un percorso sensoriale e mistico che coinvolge ogni anno tantissimi visitatori. Si snoda lungo tutta la Riviera dei Cedri e crea un sistema d’area che attraverso il cedro e intorno al cedro promuove tutte le nostre eccellenze, da quelle enogastronomiche a quelle turistiche”. Le attività legate alla “Via del Cedro” consentiranno di mettere in relazione, lungo percorsi e itinerari turistici integrati, operatori d’eccellenza (alberghi, aziende di ristorazione, laboratori di pasticceria, aziende di produttori, di agriturismo e turismo rurale e centri per la valorizzazione dell’artigianato artistico tradizionale e della gastronomia tipica) consentendo una fruizione integrata e di qualità del territorio, l’integrazione delle filiere produttive e nuovi sbocchi commerciali alle produzioni tipiche che interpretano ed esaltano le qualità del territorio. Quanto è importante la cooperazione e la sinergia fra gli operanti del settore per lo sviluppo del territorio? “Senza la cooperazione non si va da nessuna parte. Il cedro è già un prodotto di nicchia e per molti anni è stato sottovalutato. Una delle nostre più grandi conquiste è stata l’affermazione della cedricoltura. Questo è stato possibile solo grazie a una profonda sinergia fra gli operatori del settore che ha permesso di sviluppare ricerca e sperimentazione. Si è creata una fitta rete di relazioni fra i cedricoltori, le aziende di trasformazione, gli imprenditori, l’Accademia Internazionale del Cedro, i comuni di S. Maria del Cedro e di tutta la Riviera, le istituzioni locali e regionali favorendo così le condizioni ideali per lo sviluppo di un marketing volto alla valorizzazione del territorio”. Quali obiettivi vi proponete per il futuro? “La battaglia più importante che il Consorzio sta portando avanti è l’affermazione del Cedro al di fuori del sistema generale ortofrutticolo e agrumicolo poiché ha caratteristiche completamente diverse. Il Cedro, nel quadro della produzione agrumicola italiana, rivendica caratteristiche e peculiarità, che lo affrancano dalla genericità della definizione di agrume come tanti altri, dall’arancia alla clementina, non solo per le sue qualità organolettiche, ma anche per la vocazione a integrarsi con l’habitat di riferimento sia dal punto di vista strettamente colturale sia dal punto di vista della conservazione e della difesa del territorio e del paesaggio. Innanzitutto, per la biodiversità che contraddistingue il Cedro la sua coltivazione è ancora oggi affidata al piccolo contadino che pratica una ritualità agricola legata fortemente al rispetto delle tradizioni. Ancora oggi Il Cedro si coltiva in ginocchio pregando, interpretando benissimo quella che era la regola benedettina, “ora et labora”. Si sta, in questo caso lavorando, per la: “Conservazione e valorizzazione del paesaggio rurale della Riviera dei Cedri” cercando di fare proprio il Protocollo di Nagoya che rappresenta un risultato storico in quanto costituisce un possibile anello di congiunzione tra la produzione e la conservazione del paesaggio rurale. In secondo luogo, perché tutta la cultura del Cedro ha un’importante valenza culturale. Basti pensare al profondo legame con la cultura ebraica per la quale il cedro era ed è il “Perì ‘etz adar”, il frutto dell’albero più bello. Ogni anno gli Ebrei lo festeggiano attraverso il “Sukkoth”, la Festa delle Capanne che ne celebra la fine del raccolto. In questa occasione, per una settimana devono costruirsi una capanna all’aperto, con materiali vegetali, non fissata al suolo e con un tetto che permetta loro di vedere il cielo, a ricordo dell’Esodo dall’Egitto per ricordare la protezione che Dio concesse al suo popolo. Durante questi sette giorni, ad eccezione del Sabato, devono agitare in ogni direzione nella mano destra un mazzetto composto da un ramo di palma dattifera, due rami di salice di fiume e tre rami di mirto mentre nella sinistra, un frutto di cedro. Museo del Cedro di Calabria Tel. +39 0985 42598 E-mail: info@cedrodicalabria.it Facebook: CedrodiCalabria / Instagram: museodelcedro Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Veronica di Furia Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente La nocciola, Nux Abe... Articolo Successivo Il Cedro “Il frutto ...