Di Antonio Mango Luoghi, Territorio Irpinia, luoghi, territorio 27 giugno 2017 Vale circa 22 miliardi di euro il giro d’affari delle agromafie in Italia. Lo dice il 5° rapporto 2017 Eurispes, Coldiretti, Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e sul sistema agro-alimentare. La Cia rincara la dose, denunciando circa 50 miliardi di euro sull’altare di ogni tipo di illecito in odore di mafia. Quello che è certo è che si tratta di un terzo dell’intera economia illegale del paese. L’agro-alimentare che non conosce crisi fa gola e, come al solito, il Sud guida la classifica del business criminale. Ma attenzione, man mano che avanza l’approccio finanziario, il fenomeno riguarda tutti e nessuna regione d’Italia può chiamarsi fuori. Al punto che il ministro Martina è costretto ad ammettere che “a rischio ci sono pure le aree interne del nostro paese”. È infinita la casistica dei reati, da quelli più classici giocati sulla forza bruta a quelli che sembrano “puliti” e si rivelano, forse, ancora più invadenti. A scomporre il fenomeno in cifre, si possono citare i 240 reati al giorno, 8 reati ogni ora, i 350mila agricoltori sotto scacco, costretti a pagar dazio per far funzionare l’agro-economia nazionale. Ed ecco qui l’elenco da Far West: razzie di trattori, falciatrici, gasolio, prodotti ortofrutticoli e caseari, olio e vino, alveari, animali e a volte intere mandrie, con i reati collaterali dell’usura, caporalato, estorsioni, pascoli abusivi, incendi boschivi, adulterazione dei prodotti, esportazione di falso Made in Italy. Per dirne alcuni. Ma la casistica criminosa si arricchisce anche di attività “pulite”: controllo dei prezzi agricoli e delle catene commerciali, ristorazione e pizzerie in franchising, strutture agro-alimentari, titoli in borsa e società d’affari. È la piovra che si fa finanza. Sfrutta i vantaggi della globalizzazione e dei movimenti dei capitali, ha capacità di mimetizzarsi, non più taglie (si fa per dire), ma soci d’impresa con la tecnica d’infiltrazione. In sintesi, futuro (ma già si può dire presente) da colletti bianchi. Ciò non toglie che allo stato attuale su cinque immobili espropriati almeno uno è a destinazione agro-alimentare e ancora che circa 26mila terreni sono in mano a condannati in via definitiva per reati che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso alla contraffazione e porto d’armi abusivo, tanto per gradire. Casi clamorosi di mimetizzazione non sono mancati, come lo storico Café de Paris, passato dalla Dolce vita romana all’amara realtà della ‘Ndrangheta capitale. O come il mercato della carne appannaggio del clan Piromalli, l’extravergine d’oliva di Matteo Messina Denaro, la mozzarella del clan dei casalesi, l’ortofrutta della famiglia Riina. Ma questi sono casi “spettacolari”. È, invece, la quotidianità dei furti, delle intimidazioni, delle contraffazioni e del controllo delle attività agroalimentari a gettare un pesante fardello sulla filiera del cibo. Nella top-ten geografica delle agromafie spicca l’intero Mezzogiorno: la Sicilia, con Palermo, Caltanisetta e Catania, la Calabria con Reggio e Catanzaro, la Campania con Napoli e Caserta, la Puglia con Bari. Cresce, però, la presenza criminosa anche nel Centro Italia e nel Nord. In quanto a grado di penetrazione e danno subito dalle produzioni agricole in Campania la classifica stimata (in base ad alcuni parametri oggettivi) ci dice che il Sannio è la provincia meno toccata dal fenomeno criminoso (indice 35,7), seguito dalla provincia di Avellino (42,3), Salerno (44,3), Caserta (68,4), Napoli (78,9). Attenzione, però. La provincia di Benevento, che è ultima nella classifica regionale, è ben sopra la media nazionale (29,1). Quest’è lo stato dell’arte. Non mancano, però, gli anticorpi, a partire dai 370mila controlli in tre anni sulla materia sensibile dell’agro-business. O a partire da Libera, che riunisce da più di vent’anni 1.600 associazioni, scuole, gruppi, realtà di base, schierate sul fronte dell’uso sociale ed economico dei beni sequestrati e confiscati, e promuove percorsi di gestione di centinaia di ettari sottratti alle mafie. Un’eccellenza italiana per Eurispes, inserita nel 2012 da The Global Journal nella classifica delle cento migliori Ong del mondo. Condividi con: Facebook Google+ Twitter Pinterest Antonio Mango Google+ Facebook Twitter linkedin Articolo Precedente Allan Hobson: il pro... Articolo Successivo Avellino al tempo de...